POESIA A CONFRONTO – Ragni



 
 

POESIA A CONFRONTO – Ragni
DICKINSON, GARCÍA LORCA, SINISGALLI, ORELLI

 
 

Il ragno è una specie vivente che da sempre ha affascinato l’uomo, comparendo in molti miti cosmologici legati alla nascita dell’universo; è sia simbolo di pazienza, per la sua arte nel tessere la tela attendendovi instancabile la preda, sia raffigurazione plastica della paura dell’uomo di fronte all’ignoto, elemento quest’ultimo che ha alimentato molte storie (e più recentemente film) che lo vedono come protagonista. Molti sono stati i poeti (a partire da Ovidio con il mito della metamorfosi di Aracne) a essere stati sedotti dal fascino di questo animale. Passiamo in rassegna alcune testimonianze nel confronto di oggi.

Emily Dickinson impiega l’immagine del ragno in due sue celebri poesie: il ragno è simbolo del mistero, dell’ignoto a cui l’uomo cerca di avvicinarsi per indagarne il senso. Nella prima poesia (605) il ragno, mentre tesse la tela, è l’artefice di imprese incomprensibili per l’uomo, esplorazioni nella luce (“continents of light”), cercando di oltrepassare quel limite indicibile che però appena sfiorato diventa subito inaccessibile (“His Boundaries—forgot”). L’idea di un varco, simboleggiato dalla tessitura del ragno, varco che permetta di superare la contingenza del finito emerge con maggiore evidenza nella seconda poesia (1138): qui il ragno è artefice di un’esplorazione che dal buio cerca di raggiungere la luce attraverso il suo “arco di bianco”, di tendere a un senso altro, il solo in cui è possibile dare “fisionomia” o “fisiognomica” attendibile alla dimensione della immortalità.

Garcìa Lorca, nella sua poesia tratta da “Suites”, trasforma invece la luna in un “ragno del cielo” che imbriglia nella sua tela le stelle, sue prede nel loro volo. La brevissima poesia, come spesso in Garcìa Lorca, è tutta improntata alla freschezza, alla potenza espressiva dell’immagine grazie alla sua concisione, capace di colpire il lettore con un gancio netto.

Nella poesia di Sinisgalli è invece il poeta a identificarsi con il ragno: l’artista, usando gli strumenti poveri della sua arte (“sputo”, “polvere”: elementi anche di chiara ascendenza biblica) può riuscire a dare ordine, anche se precario, al mondo (un po’ di geometria”), cercarne, anche se problematica, una decifrazione. Poesia brevissima quella di Sinisgalli, tendente all’aforisma, al detto sapienziale.

Infine, nella splendida poesia di Orelli è il mistero, “il peso d’essere”, il protagonista assoluto, con quei due ragni quasi evanescenti (“ombre d’acheni”) che provengono da un mondo che non si sa dire, “inquilini abusivi del soffitto, / strani compagni della mia vecchiaia”, sospesi in una loro esistenza indecifrabile, distanti e al tempo stesso “due punti nei dintorni /di me”. Non diversi dagli uomini in questo loro “sostare penzolando / nel vuoto”.

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
EMILY DICKINSON
 
605.
 
The spider holds a Silver Ball
In unperceived Hands–
And dancing softly to Himself
His Yarn of Pearl–unwinds–
 
He plies from Nought to Nought–
In unsubstantial Trade–
Supplants our Tapestries with His–
In half the period–
 
An Hour to rear supreme
His Continents of Light–
Then dangle from the Housewife’s Broom–
His Boundaries–forgot—
 
 
 
 
605.
 
Il ragno trattiene un gomitolo d’argento
tra mani impercettibili
e, danzando con grazia, srotola
da sé il suo filo di perla
 
Si arrabatta di nulla in nulla
nelle sue imprese senza gloria
soppiantando i nostri arazzi con i suoi
nella metà del tempo
 
Una sola ora per innalzare maestosi
i suoi continenti di luce –
poi penzolare dalla scopa della massaia,
ogni suo sconfinamento – già dimenticato.
 
 
(Traduzione di Fabrizio Bregoli)
 
 
 
 
 
 
1138.
 
A Spider sewed at Night
Without a Light
Upon an Arc of White.
 
If Ruff it was of Dame
Or Shroud of Gnome
Himself himself inform.
 
Of Immortality
His Strategy
Was Physiognomy.
 
 
 
 
1138.
 
Un ragno tesseva di notte
senza luce
su un arco di bianco.
 
Sia un colletto da signora
o un sudario da gnomo
se lo chiarisca da sé.
 
La sua strategia
per l’immortalità
trarne una fisionomia.
 
 
(Traduzione di Fabrizio Bregoli)
 
 
 
 
 
 
FEDERICO GARCÍA LORCA
(Da Suites – 1920-1923)
 
CAPRICHO
 
En la red de la luna,
araña del cielo,
se enredan las estrellas
revoladoras.
 
 
 
 
CAPRICCIO
 
Nella rete della luna,
ragno del cielo,
si impigliano le stelle
disperse in volo.
 
 
(Traduzione di Fabrizio Bregoli)
 
 
 
 
 
 
LEONARDO SINISGALLI
(1980 – poi in Infinitesimi – Edizioni della cometa, Roma 2001)
 
Come il ragno
costruisco con niente,
lo sputo la polvere,
un po’ di geometria.
 
 
 
 
 
 
GIORGIO ORELLI
(Da Tutte le poesie – Mondadori, 2015)
 
DUE RAGNI
 
Da quando? se da giorni
e giorni, mesi ormai,
mentre riposo li osservo
e scordo e non senza stupore
riscopro: ombre d’acheni,
più piccoli di mezza formichetta
smarrita nell’acquaio: sempre lì,
lontano quanto basta dalla lampada
che ha bruciato l’incauto calabrone,
diafani a furia di guardarli, quasi
trascoloranti in rosa:
chi sa mai se lo sanno
d’essere l’uno a una spanna dall’altro
come due nèi su una spalla,
inquilini abusivi del soffitto,
strani compagni della mia vecchiaia:
sempre lì, sempre soli, senza preda;
una volta soltanto
è arrivato dal Nord
un ragno d’altro rango,
quasi robusto, nerastro,
è passato col fare inquisitorio
d’un commissario
tra i due come se fossero
sorvegliati speciali,
senza distrarli è sparito
in fretta nel gran bianco
e dunque non li ha visti
calarsi a un tratto
sincronici, sostare penzolando
nel vuoto, dove nemmeno si sognano
di cercare un appiglio
per una tela: intenti alle filiere
troppo presto esaurite? saggiando
il peso d’essere, il mistero?
Un attimo, già stanno
per risalire divorando filo
e distanza: per fingersi di nuovo
due disperse crisalidi,
due punti nei dintorni
di me.