POESIA A CONFRONTO: Montagne

POESIA A CONFRONTO: Montagne
 
 

POESIA A CONFRONTO: Montagne
BURNS, MANZONI, POZZI, ORELLI

 
 

Dopo aver già affrontato, nei confronti precedenti, poesie aventi come motivo conduttore il mare, i laghi, i fiumi, è ora la volta della montagna, altro paesaggio naturale suscettibile di notevoli riflessioni e suggestioni per la parola poetica.

Uno dei testi della tradizione più noti e a tema è la composizione che Burns dedica alle sue montagne di Scozia, una vera e propria invocazione che viene scandita con la ripetizione della parola chiave “addio”: è il canto di chi, costretto a lasciare la sua terra, è consapevole che il suo cuore resterà sempre su quelle montagne, indissolubilmente legato agli elementi naturali e sentimentali che caratterizzano quell’ambiente unico.

Ci sono similitudini evidenti con il passaggio qui proposto dalla ben nota invocazione “Addio monti” di Lucia Mondella ne “I promessi sposi”, un testo in prosa che per la sua scansione ritmica, per il linguaggio elegiaco che lo connota, per l’intensità emotiva che lo anima si avvicina moltissimo alla poesia in versi. Anche in questo caso assistiamo alla riflessione di chi, costretto dalla necessità degli eventi, deve abbandonare la sua terra, vede infranti tutti i sogni e le aspettative che credeva di potervi realizzare, nella semplicità di una vita modesta, senza ambizioni inarrivabili. Qui l’elemento peculiare che caratterizza il testo è il rifugio nella fede, la sola che può consolare da un tale distacco perché: “Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.”

Una delle autrici più legate, intimamente, alla montagna è stata senz’altro Antonia Pozzi, dedita come passione all’alpinismo. La poesia che proponiamo è attraversata come sentimento dominante dalla “gioia” (ripetuta ben tre volte in anafora), gioia per gli elementi della natura, incontaminata e pura, che la montagna può ancora offrire con il ritorno della primavera grazie alla quale è possibile davvero dimenticare “la notte / ed il morso dei ghiacci”.

Un altro autore che ben conosce la realtà della montagna è Orelli che ce ne propone uno scorcio di “pieno silenzio” con la descrizione magistrale di “gallinette” e “marmotta” per le quali il tempo appare sospeso. Questa quiete, ci ricorda il poeta, è tuttavia in pericolo: la montagna va difesa e preservata, il suo fascino è soggetto alla stessa fragilità di “carte da gioco dell’infanzia”.

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
ROBERT BURNS
(1759-1796)
(Da Poesie, Einaudi, 1972)
 
Il mio cuore è sulle montagne, il mio cuore non è qui;
il mio cuore è sulle montagne alla caccia del cervo,
alla caccia del cervo selvaggio e all’inseguimento del capriolo,
il mio cuore è sulle montagne, dovunque io vada.
Addio, o montagne, addio, o settentrione,
dove nacque il coraggio, dove dimora il valore;
dovunque io erri, dovunque io vaghi,
le colline della Scozia sempre amerò.
 
Addio, o montagne dalla cima coperta di neve;
addio, o declivi e verdi valli giù in basso;
addio, o foreste e boschi scoscesi;
addio, o torrenti e acque scroscianti.
Il mio cuore è sulle montagne, il mio cuore non è qui;
il mio cuore è sulle montagne alla caccia del cervo,
alla caccia del cervo selvaggio e all’inseguimento del capriolo,
il mio cuore è sulle montagne, dovunque io vada.
 
 
 
 
 
 
ALESSANDRO MANZONI
(Da I promessi Sposi, Cap. VIII, 1840)
 

Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti.

Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.

 
 
 
 
 
 
ANTONIA POZZI
(Da Parole. Tutte le poesie, Ancora, 2015)
 
ACQUA ALPINA
 
Gioia di cantare come te, torrente;
gioia di ridere
sentendo nella bocca i denti
bianchi come il tuo greto;
gioia d’essere nata
soltanto in un mattino di sole
tra le viole
di un pascolo;
d’aver scordato la notte
ed il morso dei ghiacci.
 
Pasturo, 12 agosto 1933
 
 
 
 
 
 
GIORGIO ORELLI
(Da Poesie, Meridiana, Milano 1953)
 
MONTAGNA
 
Giungo dove non ronzano i beati,
in questa ganna di pieno silenzio.
Le gallinette stanno immobili
con i loro colli di pietra
e la marmotta uscita al primo sole
non teme d’essere uccisa
né fischierà.
 
Nessuno annulli la montagna,
ora, leggera e come costruita
con le carte da gioco dell’infanzia.