POESIA A CONFRONTO: la poesia erotica


 
 

POESIA A CONFRONTO: La Poesia erotica
SALOMONE, JIMÉNEZ, VALDUGA, DE VOS

 
 

Se come scrisse Rilke nella sua Lettera a un giovane poeta scrivere d’amore in poesia è uno dei temi più ardui, ancora di più può esserlo scrivere di amore carnale, di sesso, per i motivi che risultano di per sé evidenti.

Una prima testimonianza di poesia erotica, che esercita ancora oggi una suggestione significativa sul lettore contemporaneo, è il libro biblico de Il Cantico dei Cantici, che la tradizione attribuisce a re Salomone e di cui proponiamo un breve stralcio. Qui tutto è giocato sul dialogo fra amato e amata che parlano del proprio desiderio di congiungimento, in una lingua concreta e allusiva insieme, come nel passaggio riportato, in cui sono istituite similitudini di particolare freschezza con il mondo della natura, senza inutile pudore.

Ancora più esplicita, tutta intrisa di sensualità latina, la composizione di Jimenez, che gioca su raffronti decisamente più espliciti, in un intreccio di sollecitazioni cromatiche e olfattive che si snodano nella successione dei versi. Il sesso dell’amata è il “faro d’ombra” che guida la passione amorosa, che consuma l’amato fino al naufragio totale dei sensi, che però può durare solo l’arco di una notte, per restituirsi infine al sopraggiungere dell’alba alla quotidianità deprimente, al “tedio della spiaggia”.

Giungendo alla poesia contemporanea, in cui parlare di sesso, anche in poesia, ha senz’altro perso parte della sua carica irriverente, merita attenzione la ricerca di Patrizia Valduga, qui con i primi versi de “La tentazione”, in perfette terzine dantesche. “In una maledetta notte oscura”, quasi una nuova selva infernale, assistiamo a un’orgia disumanizzante in cui la protagonista viene assalita e subissata da una schiera di uomini-demoni interessati solo alla propria soddisfazione carnale, riducendola così a puro strumento di piacere: la resa è drammatica, teatralizzata, barocca. Amore e morte si fronteggiano plasticamente, “in una tomba di carne che schiaccia / e macina e mette al niente”.

Da annoverare fra i maestri del genere vi è certamente anche il poeta Arnold De Vos, i cui versi sono permeati di un edonismo sincero e disinibito, in cui “cielo e terra si fondono / nella liquorizia spassosa dei nostri giochi”. Il linguaggio è allora esplicito, pur essendo forgiato su una metaforizzazione colta e ardita, in cui il sesso dell’amato diventa, con una creatività assoluta, “aquilone / legato al filo dello scroto”, “parapetto di pelle alla ritrosia del sangue” che viene infine piegato alla necessità della passione amorosa. Per approfondire la poesia di Arnold De Vos consigliamo la lettura l’e-book Canto in fuga di un viandante disponibile su Laboratori Poesia (QUI)

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
SALOMONE
(Dal Cantico dei Cantici, Sacra Bibbia)
 
Come sei bella, amica mia, come sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre,
che scendono dalle pendici del Gàlaad.
I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
che risalgono dal bagno;
tutte procedono appaiate,
e nessuna è senza compagna.
Come un nastro di porpora le tue labbra
e la tua bocca è soffusa di grazia;
come spicchio di melagrana la tua gota
attraverso il tuo velo.
Come la torre di Davide il tuo collo,
costruita a guisa di fortezza.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di prodi.
I tuoi seni sono come due cerbiatti,
gemelli di una gazzella,
che pascolano fra i gigli.
Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
me ne andrò al monte della mirra
e alla collina dell’incenso.
Tutta bella tu sei, amica mia,
in te nessuna macchia.
[…]  
(traduzione tratta da Liberliber)
 
 
 
 
 
 
JUAN RAMON JIMÉNEZ
(Da Jiménez – Poesia\Prosa, prefazione di Piero Raimondi, Torino, Utet, 1967)
 
IL TUO SESSO NERO
 
Il tuo sesso nero, soave come piuma
d’uccello, tra le sete bianche, gialle e malva
era ai miei occhi come un faro d’ombra
in un agitato mare di tepide ombre pallide.
Un aroma acuto, come d’isole esotiche
fluttuava nel soave calore delle tue cosce.
Naufragai impazzito, senza ordine né meta,
nell’odorosa atmosfera delle tue gonne!
Con che tristezza, poi, come in una fragile alba
di soavi nubi bianche, gialle e malva,
vidi, dall’indolente tedio della spiaggia
spegnersi la luce d’ombra della notte.
 
 
 
 
 
 
PATRIZIA VALDUGA
(Da La tentazione, Crocetti, 1985)
 
In questa maledetta notte oscura
con una tentazione fui assalita
che ancora in cuore la vergogna dura.
 
Io così pudica, così compita,
vedevo un uomo a me venire piano
e avvolgermi quasi avido la vita;
 
un altro ne veniva e con la mano
oh delicatamente lui mi apriva,
e un altro e un altro e un altro ch’era vano
 
a guerra apparecchiarmi d’armi priva,
già incatenata, e senza una catena,
nel tempo che la vita non par viva.
 
«Non vuoi? Piccola piccola sirena…»
Posso io non volere e star da lato?
“Oh lasciatemi!” e respiravo appena,
 
il cuore dalla sua sede saltato.
Con cento mani vinte le mie braccia
tutte le ossa mi avevano contato,
 
ad ogni cavità davan la caccia;
nel denso, nelle viscere spremuta,
in una tomba di carne che schiaccia
 
e macina e mette al niente… perduta.
Che mai feci, che mai feci, mio Dio?
mercé, pietà, perdono, chi mi aiuta?
 
E mentre brucio in tal rimescolio:
“O Padre nostro scenda il tuo perdono,
annienta tu questi demoni ch’io
 
sola non so…di te degna non sono”.
[…]  
 
 
 
 
 
ARNOLD DE VOS
(da Vertigo, Edizioni del Leone, 2006)
 
Mi sveglio in te, che torreggi controluce
e adombri il sole, carne
che cavalchi la criniera tra pube e ombelico
parapetto di pelle alla ritrosia del sangue
a volare in mio onore, aquilone
legato al filo dello scroto danzi e fai vento
sulla rètina della mia bonaccia
che trova in te la pace dell’ozio
e della bella forma imbonitrice
della mia bocca, che ancora non osa
decollare quando atterri
e cielo e terra si fondono
nella liquorizia spassosa dei nostri giochi.