POESIA A CONFRONTO: Fiabe
ESOPO, FEDRO, DE LA FONTAINE
La fiaba, genere letterario capace di attrarre sia i bambini sia gli adulti, ha avuto una significativa diffusione anche nella sua forma in versi.
Nel confronto di oggi vedremo come la celebre fiaba “La volpe e l’uva”, attribuita all’autore greco Esopo del VI secolo a.C., sia stata rielaborata nel corso dei secoli. Andremo a valutarne la versione rivista e reinterpretata da altri due grandi autori che hanno praticato il genere della fiaba in versi: Fedro in latino e La Fontaine in francese.
La fiaba di Esopo ha un sapore squisitamente proverbiale, il che non fa escludere che potesse appartenere a una tradizione orale pregressa; nella sua forma originale ha l’impostazione della favola morale o dell’apologo, in cui l’evento narrato serve da strumento educativo per il lettore, come bene emerge dalla chiusa sapienziale. Il racconto procede in modo concentrato, senza deviazioni o compiacimenti estetici, per mettere in evidenza la pregnanza del contenuto morale.
Nella versione latina di Fedro assistiamo alla messa in evidenza di alcuni dettagli nuovi, come ad esempio l’impegno profuso dalla volpe per raggiungere il suo traguardo, elemento che amplifica e rende ancora più paradossale la scelta poi di desistere per manifesta incapacità. Anche la morale della fiaba viene espressa in una forma variata: si punta sul contrasto fra parole e fatti, tipico di chi non ha le capacità per ottenere i propri obiettivi. La fiaba in versi deve essere d’esempio proprio a chi ha tale comportamento e atteggiamento.
Nella poesia di La Fontaine, caratterizzata dalla forma chiusa e dall’impiego delle rime, assistiamo alla curiosa trasformazione della volpe in una sorta di gentiluomo che riassume in sé tutta la spocchia di chi, incapace di raccogliere l’uva succulenta, oltre a ribadire, mentendo, che è acerba, giunge addirittura a ritenerla una pietanza non degna al suo rispettabile stato sociale. Alla chiusa sentenziosa La Fontaine preferisce la scelta alternativa dell’ultimo verso in forma di domanda ironica e retorica, con l’evidente intento che sia il lettore a trarne le dovute conclusioni.
Fabrizio Bregoli
ESOPO
(VI secolo a.C.)
Ἀλώπηξ λιμώττουσα, ὡς ἐθεάσατο ἀπό τινος ἀναδενδράδος βότρυας κρεμαμένους, ἠβουλήθη αὐτῶν περιγενέσθαι καὶ οὐκ ἠδύνατο. Ἀπαλλαττομένη δὲ πρὸς ἑαυτὴν εἶπεν· «Ὄμφακές εἰσιν.» Oὕτω καὶ τῶν ἀνθρώπων ἔνιοι τῶν πραγμάτων ἐφικέσθαι μὴ δυνάμενοι δι’ ἀσθένειαν τοὺς καιροὺς αἰτιῶνται.
LA VOLPE E L’UVA
Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi.» Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze.
(Traduzione tratta da Wikipedia)
FEDRO
(V Secolo a.C.)
Fame coacta vulpes alta in vinea
uvam adpetebat, summis saliens viribus.
Quam tangere ut non potuit, discedens ait:
“Nondum matura est; nolo acerbam sumere.”
Qui, facere quae non possunt, verbis elevant,
adscribere hoc debebunt exemplum sibi.
In preda alla fame, una volpe bramava l’uva
di un alto pergolato, saltandovi con tutte le sue forze.
Non potendola afferrare, svignandosela disse:
“Non era ancora matura; non voglio certo mangiarla acerba”.
Chi falsifica a parole ciò che non può ottenere
deve prendere questa storia a esempio.
(traduzione di Fabrizio Bregoli)
JEAN DE LA FONTAINE
(1668)
LE RENARD ET LES RAISINS
Certain Renard Gascon, d’autres disent Normand,
Mourant presque de faim, vit au haut d’une treille
Des raisins mûrs apparemment,
Et couverts d’une peau vermeille.
Le galant en eût fait volontiers un repas;
Mais comme il n’y pouvait atteindre
“Ils sont trop verts, dit-il, et bons pour des goujats. ”
Fit-il pas mieux que de se plaindre?
LA VOLPE E L’UVA
Un certo sig. Volpe di Guascogna, altri dicono di Normandia,
quasi morendo di fame, vide in cima a un pergolato
dell’uva con tutta l’aria d’essere matura
e coperta da una buccia dorata a puntino.
Il damerino se ne farebbe fatto volentieri una scorpacciata
ma siccome non poteva raggiungerla
“È troppo verde, disse, e buona giusto per un mascalzone”
Non agì meglio così anziché lagnarsi di sé?
(traduzione di Fabrizio Bregoli)