POESIA A CONFRONTO: Diari di guerra

Giuseppe Ungaretti

 
 

POESIA A CONFRONTO: Diari di guerra
UNGARETTI, REBORA, SERENI, CHAR

 
 

L’esperienza della guerra ha segnato la vita di molti poeti: la scelta qui proposta è ovviamente minima; si intende solo introdurre il tema, che potrebbe raccogliere numerose altre testimonianze sia italiane sia straniere. Limitiamoci alle guerre mondiali che hanno visto protagonisti alcuni fra i maggiori poeti, soldati al fronte.

Nel caso di Ungaretti assistiamo alla totale scarnificazione della parola, alla frantumazione del discorso lirico in versicoli che si riducono spesso a una singola parola messa così in evidenza nella sua drammaticità (“massacrato”, “digrignata”, “penetrata”), specchio della tragedia che la poesia vuole rappresentare. Eppure è proprio il contatto ravvicinato con la morte, fianco a fianco con il compagno per “un’intera nottata”, a restituire intatto il senso della vita, a ricordarne il valore inestimabile, come magistralmente detto nella strofa di chiusura, con quel “tanto” in posizione di evidente rilievo, ma senza enfasi.

Sullo stesso concetto si fonda anche la poesia di Rebora, ma qui il linguaggio è ancora più esplicito, a tinte fortemente espressionistiche nel ritrarre la morte, come nelle espressioni “corpo in poltiglia”, “aria sbranata”, “putrefatti qui”. A prendere la parola è un morto che esorta i compagni ancora vivi a non sottrarsi alla vita in nessun modo, a buttarvisi a capofitto, a fare l’amore con la propria donna, senza nemmeno preoccuparsi di essere amati veramente. Questo invito al vitalismo puro, senza mediazione, perché la redenzione è impossibile, è bene espresso in quel “stringile il cuore a strozzarla”: così lapidario, così pregnante.

Nel caso di Sereni assistiamo invece al diario di chi è costretto ai margini della guerra (“io sono morto / alla guerra e alla pace”), in un campo di prigionia in Algeria. La notizia dello sbarco in Normandia (“la Nuova Armada”) vi giunge dal mondo esterno nella forma spettrale del primo caduto “bocconi” sulla “spiaggia normanna”, che appare a Sereni durante il sonno. L’essere esclusi dalla Storia è il dramma che qui viene rappresentato. La propria partecipazione agli eventi che la stanno facendo, la Storia, è precluso: l’orizzonte è quello “delle tende che sbattono sui pali”, la “sola musica” in cui l’autore può riconoscersi.

Con I Fogli d’Ipnos di Char, di cui si fornisce una breve selezione nella traduzione magistrale di Sereni, siamo di fronte a un diario della resistenza assolutamente sui generis: una commistione di illuminazioni improvvise, aforismi e sentenze gnostiche, lacerti narrativi, versi veri e propri, il tutto in un intreccio affascinante e, al tempo stesso, straniante di poesia e cronaca di guerra, visioni oniriche e realtà. Ne deriva un’opera unica, inimitabile, un progetto di poesia in prosa personalissimo: il poeta si confronta con il vivo della Storia, vi ricerca il proprio ruolo di poeta militante in un mondo devastato dalla violenza degli uomini, quasi un frugare tra le macerie per rinvenire qualche frammento ancora capace di avviare una problematica, ardua ricostruzione, prima di tutto etica ed esistenziale.

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
GIUSEPPE UNGARETTI
(da Allegria di naufragi, prima edizione 1919 – in Vita di un uomo, Mondadori – 2016)
 
VEGLIA
 
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
 
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
 
 
 
 
 
 
CLEMENTE REBORA
(Da Poesie varie e prose scelte, 1913-1927)
 
VOCE DI VEDETTA MORTA
 
C’è un corpo in poltiglia
con crespe di faccia, affiorante
sul lezzo dell’aria sbranata.
Frode la terra.
Forsennato non piango:
affar di chi può, e del fango.
Però se ritorni,
tu, uomo, di guerra
a chi ignora non dire;
non dire la cosa, ove l’uomo
e la vita s’intendono ancora.
Ma afferra la donna
una notte, dopo un gorgo di baci,
se tornare potrai;
soffiale che nulla del mondo
redimerà ciò che è perso
di noi, i putrefatti di qui;
stringile il cuore a strozzarla:
e se t’ama, lo capirai nella vita
più tardi, o giammai.
 
 
 
 
 
 
VITTORIO SERENI
(Da Diario d’Algeria – Vallecchi, 1947)
  
Non sa più nulla, è alto sulle ali
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.
Per questo qualcuno stanotte
mi toccava la spalla mormorando
di pregar per l’Europa
mentre la Nuova Armada
si presentava alle coste di Francia.
  
Ho risposto nel sonno: – È il vento,
il vento che fa musiche bizzarre.
Ma se tu fossi davvero
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna
prega tu se lo puoi, io sono morto
alla guerra e alla pace.
Questa è la musica ora:
delle tende che sbattono sui pali.
 
Non è musica d’angeli, è la mia
sola musica e mi basta.
 
 
 
 
 
 
RENÉ CHAR
(da Fogli d’Ipnos (1943-1944) – Einaudi, prima pubblicazione 1946)
 
20

Penso all’esercito di fuggiaschi con appetiti di dittatura che forse, in questo paese di corta memoria, gli scampati a questo tempo d’algebra dannata rivedranno al potere.

 
83

Il poeta, conservatore degli infiniti volti di ciò che vive.

 
 
 
 
104

Solo gli occhi sono ancora capaci di gettare un grido.

 
138

Giorno orrendo! Ho assistito, qualche centinaio di metri distante, all’esecuzione di B. C’era solo da premere il grilletto del mitra e poteva essere salvo! Eravamo sulle alture che dominano Céreste, la boscaglia piena zeppa d’armi e noi in numero almeno pari alle SS, ignare della nostra presenza. Agli occhi dovunque imploranti attorno a me il segnale del fuoco, ho risposto di no col capo… Sotto il sole di giugno un freddo polare mi filtrava nelle ossa.

È caduto come non ravvisando i suoi carnefici e così leggero, m’è parso, che il minimo soffio di vento avrebbe dovuto sollevarlo da terra.
Non ho dato il segnale perché il villaggio doveva a qualunque costo essere risparmiato. Che cos’è un villaggio? Un villaggio simile a un altro? Forse lo ha saputo, lui, in quell’ultimo istante?

 
 
 
 
169

La lucidità è la ferita più prossima al sole.

 
 
(traduzione di Vittorio Sereni)