Pillola di Gianni D’Elia

 
 

Certe poesie hanno il potere di significare con il tempo e di farlo nonostante il variare delle condizioni all’interno delle quali nate. Sicuramente è questo il pregio di questi versi di Gianni D’Elia pubblicati per la cosiddetta “Bianca” di Einaudi.

La scena con cui principia il testo rimanda a un quotidiano che in tempi di COVID sembra molto lontano. Quasi quasi qualcuno di noi prova una certa malinconia per quegli spazi esterni abitati da ritmi serratissimi che chiamano “normalità”. Ma se andiamo in fondo alla poesia e alla questione, troviamo nella chiusa a carattere gnomico una verità che si disvela.

Emergono altri aspetti. Senza dubbio necessari ora e sempre. E cioè l’inaridimento del lavoro quando significa solo profitto, la necessità del lavoro per fame, l’inquinamento del mondo e dei rapporti umani la cui responsabilità e forse più forte dei politici e degli individui che, pensando solo al consenso o al risultare simpatici, perdono di vista l’autorevolezza.

C’è inoltre una verità ancora più consistente e cioè l’assoluta nostra impotenza di fronte ai fatti della vita. Sarebbe sempre saggio procedere con questa consapevolezza per vivere una vita più degna. L’umiltà in conseguenza consentirebbe una buona dose di umiltà, condizione essenziale per l’apprendimento e la conoscenza e un approccio più umano e più inclusivo in quello che convenzionalmente viene definito “mondo”.

Anche di questi tempi vediamo cose non cambiare mai. Parlo dell’arroganza, del sopruso e della superficialità di badare molto, troppo direi, all’immagine e poco al contenuto. No, non sto parlando di estetica ma solo della duplicazione degli specchi e dei Narciso. Un loop all’interno del quale sembriamo ingabbiati senza diversa possibilità di azione.

Ilaria Grasso

 
 
 
 
Sul viale
 
Che abisso, dentro, in questo scorcio
di platani, negozi, una banca all’angolo
d’una strada tra le città ed il mare…
Con le chiome nuove dei vecchi lecci, auto
 
che s’agitano, sullo sfondo, prese nei vetri
di un Tabacchi serrato dalle tredici… E l’arancio
d’un tram ruota ogni quarto d’ora, le siepi
a lampi copre e chiude la corsa di qualcuno
 
che come te non ozia, ma va al suo digiuno
di cuore, in ufficio, in un posto di sempre…
Tu sì, sembri un turista della vita inerte,
che litigi piombare fanno veleni…