Per la Giornata internazionale del bacio


 
 

Beso mundo

Te besaré en la sombra, sin que mi cuerpo toque tu cuerpo.
(Correré las tinieblas, que no entre ni el olvido del cielo).
Que en la nada absoluta de todo, sólo exista, nuevo mundo, mi beso.

 
 

Bacio Mondo

Ti bacerò nell’ombra, senza che il mio corpo tocchi il tuo.
(Correrò le tenebre, che non entri neppure l’oblio del cielo).
Che nel nulla assoluto di tutto, esista solo, nuovo mondo, il mio bacio.

 

Juan Ramón Jiménez
(traduzione di Rocio Bolanos)

 

Oggi è la giornata internazionale del bacio, e val bene la pena soffermarsi a riflettere su cosa sia il bacio, il suo significato, le sue conseguenze.

Un bacio non di rado è considerato più intimo del rapporto sessuale stesso. In una cultura che ha separato nettamente sessualità da sentimento il bacio è la resistenza del cuore. Un cuore senza età, senza genere, senza religione.

Il bacio è il gesto di cura del genitore verso il figlio. È il saluto dell’amico. È la risonanza di due persone. Il bacio non ha luogo, non ha geografia. E ricrea continuamente il suo significato.

Un bacio in fronte può essere un abbraccio. Un bacio sulla guancia può essere amicizia. Un bacio sulla mano può essere stima.

Un bacio può anche essere abbandono di sé nel marasma della confusione, può essere tradimento, può essere negozio.

Un bacio può essere ritorno.

Ed è questa l’unicità irripetibile del bacio. Se passiamo la maggior parte della vita a prendere qualcosa dagli altri, anche sessualmente nell’utilizzo del corpo altrui, nel bacio siamo indiscutibilmente costretti a dare qualcosa.

Perché un bacio lo si da sempre per l’altro. Per dire qualcosa. Per donare qualcosa.

 
 

***

 
 
L’universo è una voce. A occhi chiusi
ritorna su se stessa, non partecipa
al nostro sacrificio, fondo o punto
infinito in cui tutte le cose
sono racchiuse. Così disse: alba
o congetture, prendi il tuo vizio,
il fascino della fine della pioggia
di novembre che ti annulla dietro
un vetro, una bolla pomeridiana,
e onoralo come un dono. non serve
se non a questo: a rendere grazie
dell’acqua che cade di essere acqua
e tempo, e noi il bacio della sete
che portiamo, e il vento e, forse, un niente.
 
Gabriel Del Sarto
 
 
 
 
 
 
Caccia alla volpe
– affilati gli abbracci a tracolla –
Sulle tracce dell’ultimo bacio
un tale si guardava conscio le spalle
del suo ego addomesticato
e pensava: “Chissà con parole scarne
cos’hai stanato, quali hai scelto
per tirare e sino a dove.
Chissà se comprendi di aver sparato:
di fatto sta che non hai usato
il richiamo, non ti sei curato
della rosa di piombo sul suo petto.
La conseguenza del tuo strappo,
il suo pianto sconsolato,
mi ha risvegliato.
 
Chissà quanto il ricordo di te
riuscirà a reggere
quando l’avrò braccato.
 
(Un cacciatore innamorato)
 
Matteo Bianchi
 
 
 
 
 
 
in Rue Rollin abitavamo all’ultimo piano
con i tetti grigi a perdita d’occhio
come nelle cartoline vecchie di Parigi
i piccioni traballando
zampettavano sui tubi di ferro dei cornicioni
a raggiungere altezze sempre oltrepassate Le
cacche schiacciate di tanti cani
lordavano il marciapiede stretto
dove le macchine non parcheggiavano
e oltre la scalinata
una sola panchina era contesa
dai clochard quando non si scaldavano
alle bocche di fiato arso
della metropolitana
tra pochi alberi di Place de la Contrescarpe
 
ma noi eravamo giovani e irrequieti
dormivamo su materassi a terra
con un ficus rinsecchito ai piedi
sulla moquette stracciata e sporca
e quelle piastrelle gialle a rombi viola
nel gabinetto senza lavabo
e facevamo l’amore davanti al balcone
per essere più vicini al cielo
 
guardavamo i giocatori di scacchi
a Le Tuileries sbirciando da dietro
un albero storto
un bacio improvviso tra il cappotto
non si sfilacciava
perché a perdermi di te
anche il tocco di un mignolo
sul palmo della mano era bastante
 
Gabriella Musetti
 
 
 
 
 
 
Te lo sei mai chiesta
cosa ci torni a fare qui alle case popolari?
Guardi la luna.
Il biglietto per lo spettacolo ha lo stesso prezzo per tutti.
La prendi anche dai tuoi palazzi cinque stelle,
senza abbonamento, la luna.
Cosa ci torni a fare qui
nei sobborghi lavoratori?
A guardare i miei occhi assonnati,
la pelle bruciata di gelo,
le mani tagliate.
Cosa ci torni a fare qui?
Dove la malinconia sonnecchia sul divano
e l’apatia si è mangiata ogni passo deciso.
Una macchina su quattro mattoni
ha i vetri appannati:
è una spiaggia e fuoco sul mare.
Lasciami sdraiata qui
con le mani sporche di calce
e cemento mangiato dal sole.
Lasciami sdraiata qui
con gli operai che escono per il turno di notte.
Lasciami riposare nel nero afoso.
Anzi no, torna qui
e senza chiedere dammi un bacio.
Cosa ci vengo a fare io con te?
E i tuoi pensieri dimenticano i miei.
E il tuo tormento pacifica il mio.
E forse il cuore torna a battere in petto a entrambe.
 
Elisa Longo
 
 
 
 
 
 
Sopravvalutiamo bulbi oculari
mammelle (protesi plastiche o profezie di latte)
addomi tenui (acuti appena ieri)
cuori un po’ più a sinistra del centro
eppure solo tra labbra
tutta la verità giace e geme di baci,
baci
che sono la nostra casa di carne.
 
Gisella Blanco
 
 
 
 
 
 
Ti bacio come un dolore
che ritorna, un’estate troppo calda.
 
È un’affezione di calcinacci
il nostro amore premuto fra
le costole spezzate, le minute
legature delle dita di cui
non conosco il verbo, il Dio.
 
Cos’è un bacio? La ruggine rimasta
di quando bambini pensavamo
che bastasse amare per vivere.
 
Alessandro Canzian
 
 
 
 
 
 
Avere è lottare.
Sto sospeso nel vuoto per baciarti
come
nelle sere nelle notti
il desiderio.
Tu così in alto,
così in aria in un pulviscolo affollato.
La mia fatica,
le acrobazie per raggiungerti:
riprendere equilibrio e direzione
tra beffarde ventate di eventi.
Consumo le ali per succhiare il tuo miele,
ma troppo veloci i battiti, i sospiri e
quasi stordisco.
Così in alto così in alto
non farmi cadere nel disamore,
piegati la fronte, piegati piegati
che io possa su di te distendermi
senza l’artificio del dolore.
 
Filippo Passeo
 
 
 
 
 
 
Tu non sai la mia bocca
quanto ha da baciare
il mare monta la sua furia
i denti ridono la notte.
Labbra socchiuse
come la tua porta
stanotte che mi chiama.
 
Paolo Parrini