Non è tempo di essere – Vladislav F. Chodasevič


Non è tempo di essere, Vladislav F. Chodasevič (Bompiani 2019, collana CapoVersi, a cura di Caterina Graziadei).

Esce, per i tipi di Bompiani, Non è tempo di essere di Vladislav F. Chodasevič (1886-1939). Il volume si articola in sei sezioni (Giovinezza; La casetta felice; Per la via del grano; La pesante lira; La notte europea; Poesie sparse, inedite e non finite) ed è a cura di Caterina Graziadei, la quale sottolinea quanto il poeta russo sia stato capace di deliziare anche il lettore più attento, dato che «Per eleganza formale e dissonanza tematica la scrittura di Chodasevič rammenta quella di Baudelaire, come aveva notato Gor’kij». Chodasevič resta il poeta della prospettiva oculare, «attento al sussurro», come si definì egli stesso ne La fuga, poesia scritta durante l’autunno del 1911. Chodasevič sonda gli animi e i vicoli sorprendendosi ad ammirare la vita quasi la guardasse «d’un tratto di lato», «un poco dall’alto», fino a ritrovarsi in un altro: «il ricordo si sovrappone al presente, l’aspirazione è quella a un’altra riva, al “nativo mondo primigenio”, che prelude allo sdoppiamento». La percezione visiva è incorniciata, sin dall’infanzia, nella finestra, sede dell’interiorità. Il cortile, invece, riveste un ruolo totalmente opposto e riflette l’esterno. La riflessione filosofica rivela il dettaglio, ricuce gli orizzonti e «in Per la via del grano, si lega a un simbolismo antico e diffuso, dove tessere è anche predestinare, come ricorda il mito delle Parche», ammette il mondo contemplandolo sia per mezzo di quella lente d’ingrandimento che è la poesia sia a distanza.

Inoltre, «il sonno sembra prefigurare la libertà della morte, che sola potrà sciogliere per sempre i legami terreni. Assistiamo a una sorta di “psichomachia” che quasi cancella i limiti tra mondo diurno e mondo notturno»:

 
Dagli occhi stanchi fugando un vago sogno,
vivo l’intero giorno, ansioso e inquieto,
e ogni sera mi arrendo, disfatto
da un ultimo bacio di fatica.
Anche in sonno l’anima non ha riposo:
sogna la veglia, inquietante, terrena,
e attraverso il sonno odo un delirio,
che a stento la vita del giorno mi ricorda.
 
30 agosto 1914
 
 

Molti i riferimenti alla filosofia classica – in particolare all’anima ignea – nel testo Care ragazze, lo crediate o no:

 
Insonne vago per la terra fra voi,
invisibile brucio in fuoco leggero,
con le parole più dolci vi narrerò
tutto quello che ho già preso a sognare
 
1912, 5 agosto 1916
 
 

Il poeta è un Flâneur che non può far a meno di crogiolarsi nell’ozio, così scrive: «di fronte a me stesso, un tempo perduto» (19 aprile – 1° maggio 1918). Uno dei testi più suggestivi è La passeggiata:

 
È bello che al mondo
ci siano magiche notti,
il ritmico scricchiolio dei pini,
l’aroma di comino e camomilla
e la luna.
È bello che al mondo
ci siano ancora bizzarrie del cuore,
che la principessa, pur senza amare,
conceda un bacio impresso
sulle labbra.
È bello che in forma di ali
sullo stradello d’argento,
si sciolga in ombra lieve,
e oscillando si afflosci,
un nastro nero.
È bello sorridendo pensare
che la principessa (pur senza amare!)
non dimentichi la notte di luna,
né i baci, e me neppure, –
ora né mai!
 
 

Composto in distici, Per la via del grano è un testo chiave della poetica di Chodasevič e le preziose note a Non è tempo di essere (Bompiani, 2019) illustrano il costante e intenso percorso di rinascita che avviene dalla luce alle tenebre e viceversa, rinviando «allo stile biblico, e l’immagine che si modula nei versi rammemora l’insegnamento evangelico (Giovanni, xii, 24)».

Il ruolo del poeta nel mondo, per Chodasevič, si cela dietro la figura del funambolo; «l’uomo è un cavo teso al di sopra di un abisso» (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, trad. it. di M. Montinari, Milano, Adelphi, 1968) e pertanto l’artista è precario. La figura del poeta-acrobata sarà ripresa anche da uno dei maggiori poeti contemporanei ancora viventi, Lawrence Ferlinghetti, nella poesia Constantly risking absurdity, in A Coney Island of the mind (minimum fax, 2011). Anche Wisława Szymborska stabilì un paragone tra il funambolo e il poeta in Acrobata (Opere, a cura di Pietro Marchesani, Milano, Adelphi, 2008).

Infine, nel suo scritto introduttivo alla collana, Gerardo Masuccio afferma: “Cos’è mai la poesia? / Più d’una risposta incerta / è stata già data in proposito. / Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo / come alla salvezza di un corrimano.” Con questi versi la poetessa Wisława Szymborska illustra a se stessa e al lettore la natura della poesia, nel tentativo necessario e insieme vano di esprimere l’ineffabile e circoscriverlo nel perimetro di una definizione. Sembra che la poesia si sottragga a ogni norma, che esuli dalle categorie, rifugga le etichette e che ciononostante sappia cogliere l’essenza della vita umana nella sua inspiegabile ambiguità. È una rivelazione codificata che sfiorando la razionalità coglie una verità profonda; una verità che si lascia intuire ma non è mai decifrabile appieno, che restituisce all’uomo la sua cifra più alta e non gli si rivela.

CapoVersi, la nuova collana poetica di Bompiani, propone ai lettori una selezione della miglior poesia contemporanea, in costante equilibrio tra gli autori di culto del Novecento e le più acclamate voci del nuovo millennio, tra le linee tradizionali e l’avanguardia, tra le lingue franche e quelle regionali, tra l’Oriente e l’Occidente. In un’elegante veste grafica, con i testi originali a fronte, la collana eredita e rinsalda la pluridecennale consuetudine di Bompiani con le opere in versi, dai classici dell’antichità a Shakespeare, da Spenser a Yourcenar, da Eliot a Houellebecq.

CapoVersi come versi capitali. CapoVersi come mappe, direzioni e punti cardinali. CapoVersi come ripresa della scrittura dopo un invio a capo, come rinascita di chi trova nel verso e nella sua ineffabilità il corrimano che allevia la salita senza rivelarne il mistero”.

Vernalda Di Tanna

 
 
 
 
PER LA VIA DEL GRANO
 
Va il seminatore per i solchi regolari.
Dell’avo e del padre segue la stessa via.
 
Brilla d’oro nel suo palmo il chicco di grano
nella terra nera destinato a cadere.
 
E là dove cieco il verme si apre il cammino,
in un tempo segreto morrà per germogliare.
 
Così va la mia anima per la via del grano:
scesa nel buio morrà – per rivivere ancora.
 
Tu pure, mia terra, e tu con lei, suo popolo,
traversando questo anno morrete a nuova vita, –
 
poiché una sola saggezza ci fu data:
tutto il vivente vada per la via del grano.
 
23 dicembre 1917