Marcel Proust

Bozza automatica 2427
 
 

“…Si è sempre bene ispirati quando si parla di quello che si ama. La verità è che non si dovrebbe mai parlare d’altro”. E fra le meditazioni dedicate alla poesia in Contre Sainte-Beuve troviamo un’annotazione singolare: “Constatiamo che i poeti disdegnano di scrivere, per interessanti che possano essere le loro idee su tale o tal altra cosa, su questo o quel libro, non prendono nota delle scene straordinarie alle quali hanno assistito e delle parole storiche che hanno udito pronunciare ai principi che hanno conosciuto, cose tuttavia interessanti per se stesse, tanto da rendere curiose persino le memorie dei governanti e dei cuochi”. Quel grande snob che era Marcel Proust (1871-1922) inoltre concepiva la poesia come mezzo utile alla vita, al punto di scriverne per procurarsi un indirizzo. Nelle sue Poesie (Feltrinelli, 1993, traduzione di Luciana Frezza), c’è una chicca: una serie di scritti su pittori e musicisti di cui diamo un fregio. E come notava Luciana Frezza, del resto quante volte Proust ritorna nella Recherche sulla “petite phrase” della sonata di Vinteuil, senza riuscire a decifrarne il messaggio? Le poesie di Proust vanno lette sullo sfondo della stupenda Recherche, tenendola ben stretta nella memoria.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Antoine Watteau
 
Crepuscolo che trucca da vecchi gli alberi e le facce,
col suo mantello azzurro, la maschera indistinta:
polvere di baci intorno a bocche stanche…
Il vago si fa tenero e ciò che è vicino, lontano.
 
La mascherata, altra lontananza malinconica,
mima il gesto d’amore più falso, triste e suadente.
Capriccio di poeta – o accortezza d’amante,
perché l’amore vuol essere sapientemente ornato –
ed ecco barche, spuntini, silenzio e musica.
 
 
 
 
 
 
Chopin
 
Mare di sospiri, di lacrime, di singhiozzi
attraversato da un volo di farfalle
che non si posano, sulla tristezza giocando
o danzando sulle onde. Sogna, ama,
soffri, grida, placa, incanta o culla,
sempre lasci fluire in mezzo a ogni dolore,
vertiginoso e dolce l’oblio del tuo capriccio
simile a un volteggiare di farfalla
di fiore in fiore: dunque la gioia è complice
della tua pena: l’ardore del vortice accresce
la sete di lacrime.
Pallido e dolce compagno
della luna e dell’acqua, principe della disperazione
o nobile signore tradito,
anche se ti esalti, più bello nel pallore,
del sole invadente la tua stanza di malato
che piange di sorridergli e più soffre a vederlo…
Sorriso del rimpianto e Speranza che piange!
 
 
 
 
 
 
Albert Cuyp I
 
Cuyp, sole calante sciolto nell’aria limpida
che intorbida come acqua un volo grigio di colombi,
trasudo d’oro, nimbo in forma di bue o di betulla
incenso azzurro dei bei giorni che fuma sul colle
o pantano di luce che ristagna
nel cielo vuoto.
 
Cavalieri sono pronti,
piuma rosa al cappello, palma al fianco;
l’aria frizzante che arrossa loro la pelle
gonfia leggermente i fini riccioli biondi,
e attratti dai campi ardenti, le fresche onde
senza che il trotto disturbi una mandria di buoi
che sogna in una nebbia d’oro pallido e di quiete,
partono per respirare quei minuti profondi.