Le stanze, Guido Monti (PeQuod, 2022)
Un verso classico, quasi esametrico, in qualche modo solenne ma limpido nello stesso tempo, anima la poesia narrativa e intellettuale, ma vivace, di Guido Monti. L’ultimo libro si intitola Le stanze, uscito l’anno scorso per Pequod, e il titolo ribadisce l’importanza del metro e del costruirsi, della poesia, per stanze, come nell’antica poesia narrativa, ma libere, come libero è il verso.
Il libro si apre su una realtà spenta e feroce che ci assedia, umida e cupa, ma c’è il sorriso di una vita nuova, quello di Nina la piccola figlia del poeta, e quel sorriso anche «ci assedia e dilaga», e corre poi per tutto il libro.
Il tuo sorriso che qui gira
Inizio primavera, ora incerta, siamo lì avanti al camino
annerito, pensiamo di farlo riardere ma non è cosa facile
umido ovunque, timore anche di disseppellire il passato
ma questa bimba con i suoi forza, dai!! ci incita all’impresa
andiamo alla legnaia – i rametti – dice – dai prendiamoli!! –
torniamo con le mani scorticate, per accenderli, i rametti
– ecco l’acero!! – alza il suo legnino stretto al palmo
infuoco il giornale s’ illumina lo stipite, ardono i titoli
delle stragi che camminano in Siria con parole senza storia
rialzo lo sguardo e lei è ancora lì, mi passa l’ultima foglietta
la boccuccia ha colorata degli oli di ogni rinascimento
continua la fiamma, metto dentro l’Economist
coi grafici che bruciano violetti poi i vecchi Reader’s Digest
ma il fuoco si rifa piccino e torna lo spazio cinerino di camino
e memoria tanto è inutile rimestarla la memoria.
E proprio ora intendo qual è stato l’attimo bello Nina
quel tuo andirivieni, che ha fatto nuovo il vecchio
la sterpaia verdissima e il tempo curvo sulla casa
uno spazio ancora aperto alle luci là in alto
anche se di fuori la ferocia ci assedia ma anche
il tuo sorriso che qui gira e rigira ci assedia e dilaga.
Pasolini, Scalia (maestro e amico fraterno a cui Monti ha dedicato un libro, Accademico di nessuna accademia, conversazioni con Gianni Scalia, 2010) insieme ad altri sono i maestri con cui Monti dialoga, ma maestra può essere anche una stradina di una «piccola città di travertino / che mi educò alla chiarezza e nudità delle linee». E “chiara” è la poesia di Monti, di una chiarezza luminosa, di una luce che esce, che si apre come un sorriso.
Il mio Borges
in memoria di Gianni
Mi chiedo senza la tua mano, cosa sarei stato
in quegli anni di fin di secolo quando il consumismo
oramai logoro si rialzava furtivo dentro i primi rivoli
digitali e sgretolava di nuovo il senso di una comunità
senza la tua parola che al mondo dava costruzione,
cosa sarei divenuto? Forse un ripetitore seriale
dei pomeriggi alcolici o uno scarruffato ragazzo
tutto astrazione o violento ideologico.
E invece altro io fui dietro i tuoi occhi che parlavano
di letteratura applicata alla vita, tanto che tu ultimo
amico in vita di Pasolini cacciavi con l’obliquo sorrisino
gli avventori che giungevano alla tua bottega
avidi di ragione li cacciavi sofisticamente
altro io divenni quel novembre di fin di secolo
quando la tua voce si ruppe leggendo come un breviario
la pagina del viaggio al termine della notte, altro a sentirla
quella voce spezzata in frammenti, parole, tempi.
E se poi da te mi allontanai per le beghe di ogni
amicizia, perdono chiedo alla tua ombra sempre
più piccina come dentro un monocolo su questa
strada maggiore
perdono ombra mia dantesca che talvolta mi giri
d’attorno, se scappai e toccato da debolezza non fui
al tuo funerale e abbandonai quello studio a spirale
borgesiana, pozzo di verità vaganti colto forse dal peccato
di superbia che tu tanto mi insegnasti a ricacciare da ogni mio me
e spero Gianni di riveder un giorno il tuo sorriso magari
in forma di parola, proprio ora che in questo foglio si sparge
e risale come laica preghiera sul tuo irreversibile silenzio.
E il dialogo con i maestri è il vero tema del libro, dialogo intriso di nostalgia per un’età aurea pervasa di una luce intellettuale, pasoliniana, che non c’è più. Luce intellettuale non arida, ma umana e nella forma del “sorriso”, come «l’obliquo sorrisino» di Scalia che fa capolino nella poesia precedente.
La realtà sta fuori, nera e feroce, buia e chiusa: come un nuovo medioevo. Viene da pensare a quegli scrittori della latinità tarda, da Rutilio Namanziano, viandante nostalgico (ma di nostalgia poetica e densissima), a Boezio, scrittori che ricostruiscono un mondo perduto, che ricreano, nella notte, in una cella, una luce, una piccola luce dentro una bottiglia gettata nel mare del futuro.
Qui il maestro Montale, con il paesaggio ligure accanto, passeggiando insieme all’amico Massimo Bagicalupo:
Istantanea ligure
a Massimo
Ci portano in questa striscia di terra schiacciata
tra Apuane e mare ci portano gallerie minuscole
usate un tempo dai treni che a Genova e oltre
forse a ponente finivano, poi stradine a ridosso
di grovigli boscosi aprono luoghi sempre nuovi
pur a rivederli di anno in anno alle solite svolte,
curve, ricostruirsi dal finestrino tra i voli dei falchetti
di sponda tra i rami a sbalzi e quest’aria leggera
che dicono far riavere anche l’ultimo dei moribondi.
Sì qualcosa ci porta oltre le gallerie in questo
microarenile addossato agli strapiombi sul mare
dove in cima si china l’eucalipto e certo dentro
questa viandanza, sembriamo esser, come lui colse
scabri ed essenziali
a sentirla questa viandanza, intenderla, negli anni
che qui è come se sempre ci ridessero e rifiorissero
portati in giovane elisir da qualche divinità che da punta
delfini arriva e gioca sui segni frastagliati delle nostre mani.
Sì qui a girar nel carruggio, coi nostri pensieri lunghi
più d’ogni darsena, protesi sullo spazio di mare
e ricordi? a divorarlo tra una bracciata e l’altra
quando tu, nella pausa, fai come per fissare
l’ammucchiarsi delle nuvole, così che di te rimane
a mezz’acqua solo l’occhio picchettato di luce
in questa istantanea ligure con gli uccelli di passo
a traversarci tra lo slargo di procellarie e la casa
là in fondo, che sembra davvero quella dei doganieri.
Claudio Damiani
Biografia di Guido Monti
Guido Monti nato San Benedetto del Tronto, vive a Reggio Emilia. Recensore culturale per diverse testate tra le quali il «Manifesto», il settimanale svizzero «Azione» e la rivista culturale in rete «Doppiozero», ha pubblicato Millenario inverno (Book 2007), Accademico di nessuna accademia, conversazioni con Gianni Scalia (2010), Fa freddo nella storia (Stampa 2014), finalista con quest’ultimo al premio Pascoli. Suoi versi sono presenti anche in «Almanacco dello Specchio», «Paragone», «Nuovi Argomenti». Ha curato per l’editore Demetra (Giunti 2020), la prefazione alla nuova edizione de Il rosso e il nero di Stendhal. Con il suo ultimo libro, Le stanze, edito da peQuod, è stato finalista al premio Metauro 2022.