L’aiuto a non morire – Arianna Vartolo


L'aiuto a non morire - Arianna Vartolo

L’aiuto a non morire di Arianna Vartolo (Cultura e dintorni Edizioni, 2019).

Avevo già avuto modo di leggere il libro di Arianna Vartolo qualche mese fa, prima che uscisse nella edizione curata da Cultura e dintorni, accennandone in questa anteprima.

L’aiuto a non morire è un’opera prima di una giovane autrice ma vorrei andare oltre la questione dell’età per soffermarmi sul valore dell’opera stessa. Del libro di Arianna colpiscono molte cose. Innanzitutto una forma coerente, in quanto l’autrice ha una ottima padronanza del dettato poetico, cosa che mi pare piuttosto rara e quindi bella. Il libro ha una struttura poematica senza interruzioni, come a restituire al lettore una certa fluidità, la quale fluidità corrisponde nella resa a qualcosa che somiglia al sacro. Più volte ci troviamo di fronte a versi che contengono parole-chiave (silenzio/vento/tutto): “deve/esistere il/ Tutto”; “viviamo/nel Tutto”; “è cosa naturale- per noi/ divenire tutto/ con le onde/ nostre”.

Quindi da una parte qualcosa che deve finire, che sta per finire, tant’è che il titolo è emblematico in questo senso contenendo un riferimento chiaro e esplicito alla morte. Dall’altra una forte lucidità che non è solo razionalità e non è da intendere come distacco ma nell’ambito di uno stretto rapporto amore/ragione. Il Silenzio diventa un tempo dell’esistenza, uno spazio a cui donarsi; il vento un segno sacro dell’infinito, per cui “l’infinito significa”.

È aspirazione a un certo “assoluto”, nella dialettica parola/ luce/restituzione del silenzio trasformatosi.
C’è qualcosa di più grande a cui aspirare, sembra sottintendere l’autrice. E questo qualcosa ci chiama.

Melania Panico

 
 
 
 
Da lontano continuavi a guardare
la trasparenza dell’acqua, simile
a te – in quel tempo; respiravi,
ricordo, seguendo – fuori
fuoco – la vita
che ti circondava. “E nulla è più;
non qui. Il vento
di quell’esistenza
attende“.
 
 
 
 
L'aiuto a non morire - Arianna Vartolo 1
 
 
Aveva il sapore delle
stelle, e di vento
notturno – profumato nel suo essere
così gelido; viveva
mordendo l’Esistenza, baciandola
sulla nuca
nuda. Odorava di
dolce grazia e
di desiderio:
di cosa?
 
 
 
 
 
 
L’infinito
significa“, ripetevi
ancora- toccando l’aria incisa
da umori e da racconti. Ti vedevo
leggere l’oltre, dove
 
non eravamo
certi ci fosse fuoco, o
gioco di stelle; bruciava
-sì ed era
luce. Ignoto sarebbe
 
rimasto per chi avesse tentato,
almeno, di capire. Noi non
provammo.