Iosif Brodskij

 
 

Il premio Nobel Iosif Brodskij (San Pietroburgo 1940-New York 1996) quando dovette andare in esilio si rifugiò nell’amata Italia, a Venezia. Questo libro, durante l’ultima visita in Italia, nell’ottobre del 1995, tracciò l’elenco delle poesie che voleva componessero il volume Poesie italiane.

Il libro raccoglie liriche in qualche modo legate all’Italia, scritte fra il 1972 e il 1995. Nel libro Adelphi (1996) che ha seguito scrupolosamente le Poesie italiane, la terza di copertina raccoglie un brivido: “Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come / può soltanto sognare un frammento! Una dracma / d’oro è rimasta sopra la mia rètina. / Basta per tutta la lunghezza della tenebra”.

Poesie italiane è dunque il testamento di Brodskij, un appassionato girare in tondo e attraverso le poesie come solo pochi poeti magici sanno fare: attraversare in lungo e in largo l’Italia raccogliendo stupore e bellezza.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Sgravato per un po’ dal peso, un ligneo laocoonte
mette le spalle sotto l’immensa nube. Raffiche taglienti
dal promontorio. Urlando, la voce si sforza
di trattenere le parole nei confini del senso.
Torrenti di pioggia: corde ritorte sferzano i monti
come clavicole ai bagni turchi.
Dietro avanzi di colonne il Mediterraneo
si muove – salata lingua dietro denti rotti.
Il cuore inselvatichito continua a battere per due.
In alto mare i pesci che non pigliano i dormienti.
Sta immobile il domani dopo l’oggi
come dopo il soggetto il predicato.
 
1976
 
 
 
 
 
 
IN ITALIA

A Roberto e Fleur Calasso

 
Vivevo anch’io in una città dove spuntano le statue
sopra le case e al grido “Corrompere! Corrompere!”, per le strade
correva il filosofo locale, scuotendo la barbetta,
e il lungofiume infinito faceva breve la vita.
 
Ma coloro che mi hanno amato più
di se stessi non sono più tra i vivi. I cani, perduto
il contatto con l’oggetto della caccia, fiutano avanzi,
 
in questo simili alla memoria, alla vita delle cose. Tramonto;
in lontananza voci, grida tipo: “Vattene, mostro!”
in un’altra parlata. Ma non c’è nulla di più comprensibile.
Con la sua colombaia d’oro la laguna più bella
 
manda bagliori, velando la pupilla. Quando arriva
al punto in cui non lo si può più amare, l’uomo,
disdegnando di risalire a nuoto
la corrente indemoniata, si nasconde nella prospettiva.
 
1985
 
 
 
 
 
 
PROCIDA
 
Baia sperduta; non più di venti barche a vela.
Reti, parenti dei lenzuoli, stese ad asciugare.
Tramonto. I vecchi guardano la partita al bar.
La cala azzurra prova a farsi turchina.
 
Un gabbiano artiglia l’orizzonte prima
che si rapprenda. Dopo le otto è deserto
il lungomare. Il blu irrompe nel confine
oltre il quale prende fuoco la stella.
 
1994