La poesia italiana contemporanea continua a essere la grande assente, e dunque la grande sconosciuta, nella scuola italiana. Tuttavia i vigenti documenti ministeriali – le Indicazioni nazionali per i licei e le Linee guida per gli istituti tecnici e professionali – prevedono che al quinto anno si giunga, con il programma svolto, ai giorni nostri.
Rileggiamo il dettato normativo (nella parte che riguarda i licei, ma che dal punto di vista della diacronìa è congruente con quella inerente le scuole tecniche e professionali), per quanto concerne la poesia: «Dentro il XX secolo e fino alle soglie dell’attuale, il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un’adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto…)».
Come si vede, il legislatore si è espresso in modo chiaro. Alla luce di queste richieste, dobbiamo riconoscere che la maggior parte degli insegnanti di Lingua e letteratura italiana della scuola secondaria di secondo grado sono inadempienti. Basta consultare a campione i programmi svolti per il quinto anno in diverse scuole. Va bene se si è arrivati a Ungaretti, se poi si è trattato Montale (non necessariamente il Montale della Bufera o di Satura, ma anche solo quello degli Ossi di seppia o al massimo delle Occasioni) bisogna fare salti di gioia. Quello che dovrebbe essere l’incipit («esordirà»…), si rivela essere, di fatto, l’explicit.
La voce del ministro Luigi Berlinguer che alla fine degli anni ’90 ammoniva sull’importanza di “insegnare il Novecento” è rimasta vox clamantis in deserto, come, ancor prima, quella del legislatore il quale, nel presentare i nuovi programmi di Italiano per gli istituti tecnici, scriveva nel 1961: «Gli insegnanti di italiano e storia governino con attenta economia lo svolgimento del programma; in modo da condurre la trattazione fino ai nostri giorni, essendo proprio lo studio della cultura odierna quello che desta maggiore interesse negli alunni e più giova al loro orientamento nei complessi problemi della vita attuale». Aggiungendo subito dopo: «L’inconveniente, largamente diffuso, di tralasciare tutti o quasi i decenni trascorsi del nostro secolo, particolarmente grave per gli alunni dell’istituto tecnico, che meno degli altri avranno possibilità di aggiornamento culturale, è una delle cause dell’indifferenza e del disinteresse che molti sentono verso la scuola, e perciò è da evitarsi risolutamente».
Il problema di una trattazione didattica scarsa o nulla della poesia contemporanea non è dunque nuovo, anzi data da parecchi decenni. Esso è sorto e si è vieppiù acuito nella seconda metà del secolo scorso, perché ai tempi della riforma Gentile (1923) i professori trattavano in classe autori come d’Annunzio e Ungaretti, ma allora d’Annunzio e Ungaretti erano la letteratura contemporanea. Erano autori viventi, mentre oggi sembra che se uno scrittore non sia morto da almeno mezzo secolo non abbia il diritto di essere letto a scuola.
Roberto Carnero
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