Continuiamo ad analizzare gli andamenti basati sui piedi della prosodia classica; in questa fase affronteremo i versi anapestici.
L’anapesto è un piede della metrica classica, adattato alla prosodia italiana con l’unione di due sillabe atone + una sillaba tonica (U U –).
Pertanto, i versi canonici che possono presentare un andamento anapestico, saranno:
- il quaternario cd. anapestico (3°), che corrisponde a un singolo anapesto;
- il settenario cd. anapestico (3°, 6°), che corrisponde a due anapesti;
- il decasillabo (3°, 6°, 9°), che corrisponde a tre anapesti;
- il doppio settenario cd. anapestico (3°, 6° || 3°, 6°), che corrisponde a quattro anapesti.
Per mantenere l’andamento, sarà necessario che non vi siano accenti secondari forti, e che le sillabe atone lo siano effettivamente, o che presentino, al più, accenti molto deboli.
Per le regole dei versi doppi, vedi l’intervento su ottonario e doppio ottonario. Su tali regole, dato il tenore dell’esercizio, si potrà anche essere meno rigorosi (in particolare sulla regola della cesura tra gli emistichi).
Traccia:
TEMA = libero.
SCHEMA = strofe a piacere per il numero di versi; minimo una, massimo dieci. Versi in rima, o sciolti.
METRO = usare esclusivamente versi anapestici canonici, anche in combinazione tra loro, con qualsiasi tipo di schema o combinazione vi sia più congeniale. È naturalmente consentito usare anche un solo tipo di verso – ma non è questo lo spirito dell’esercizio.
Esempio:
Quell’autunno uno strano destino
Ci ha sorpresi e condotti per mano:
Un sorriso, uno sguardo
E quel pianto segreto
Ed il mondo cambiò il suo sapore.
Una vita, e milioni di passi,
Ci hanno resi diversi e distanti:
Un ricordo, un istante
E una notte lontana, trascorsa
In veranda a parlare.
Ero piccolo, quasi un bambino,
E oggi sembro confonder quei giorni:
Un momento ritrovo
Uno squarcio infantile
E m’invade una tenera ebbrezza.
Mi dispiace,
E lo dico davvero,
Non dovresti disperderti troppo
In quel mare profondo, e attraente;
Ad amare il passato il presente punisce,
E si annega veloci, inseguendo una luce
Che nasconde fatale l’abisso.
Mario Famularo