Fuori fuoco – chi sta parlando in poesia?


 
 
 
 

Ci sono poesie che si chiamano, ma non si conoscono. Mondi lontani, separati da tempo e spazio, chilometri. Ci sono poesie separate da tanta pioggia, tante notti, tanti entusiasmi e tante delusioni.

Eppure si chiamano. O è il bisogno del lettore (in questo caso chi vi scrive) a far emergere connessioni altrimenti inesistenti? E sono veramente inesistenti o solamente irrisolvibili?

La poesia, certo, dice molto più di chi legge che di chi scrive. Almeno la buona poesia. Poi si può discutere ampiamente su cosa sia la buona poesia o addirittura solo su cosa sia la poesia.

Una delle possibili risposte: è linguaggio. Ma i mattoni del linguaggio solo le parole e le parole sono come le carte dei tarocchi. Si chiamano, si distribuiscono sul tavolo per creare una precisa narrazione. Ci credi? Non importa. La narrazione c’è, credibile o fantasiosa.

Così le parole. Le parole vivono in qualche modo un loro entanglement? O anche adesso stiamo andando fuori tema? In fondo anche Eliot credeva nei tarocchi, nella loro disposizione.

Se una carta è diritta ha un significato, se rovescia un altro. Se accanto a una allora implica un determinato aspetto, se accanto a un’altra no, quell’aspetto è mitigato.

 

Arianna Vartolo
Arianna Vartolo

Oggi su Laboratori Poesia è uscita, nella tradizionale rubrica di Mario Famularo, una Poesia al microscopio che fa il punto su alcuni inediti di Arianna Vartolo (QUI). Ragazza di cui si siamo già occupati, molto giovane, molto brava (QUI e QUI).

Leggendo i versi che Mario ha proposto mi è venuto in mente un libro di alcuni anni fa di Pietre Vive Editore, dell’amico editore Antonio Lillo. Il libro si intitola Fuori fuoco ed è di Mimmo Pastore (2013, ne ho già scritto QUI).

Ma cosa c’entra quel libro? O meglio, non il libro intero ma alcuni specifici testi. Me li sono andati a cercare. Nulla. In Arianna Vartolo mi aveva colpito quel fuori fuoco che torna nel titolo di Pastore ma non all’interno, non almeno in maniera significativa. Ma qualcosa chiama, qualcosa lega.

Poi leggo un testo di Pastore, era quello a cui i versi della Vartolo mi avevano fatto pensare.

 

Ma Mimmo Pastore e Arianna Vartolo non si conoscono, almeno non credo. E sono decisamente certo che i due testi non siano in alcun modo correlati. Ma leggendoli uno dopo l’altro non si può non notare un dialogo preciso, un botta e risposta.

Immaginazione di chi legge? Potrebbe essere, oppure no. In fondo stiamo parlando di poesia, di linguaggio, di un media che non prescinde e non può prescindere dall’uomo, ma lo oltrepassa di molto.

Dice di lui anche oltre quello che vuole, che capisce, anche oltre quello che riesce a esprimere col semplice pensiero. Gli sopravvive.

 

Ma se non sono i due autori, sconosciuti, che dialogano, allora chi sta effettivamente parlando in questi testi?

 

Alessandro Canzian

 
 
 
 
 
 
Non tralasciare il potere dei giorni
dispari; quello degli attimi fuori
fuoco – fuori tempo. trova i contorni
 
di questo mio dedalico costato
e lascia entrare luce e sangue sempre
nuovi; alle tue dita ho dedicato
 
il nume di ciò che c’è e non si vede.
 
 
Arianna Vartolo
 
 
 
 
 
 

Mimmo Pastore
Fa caldo stanotte in questa stanza
da letti bassi. Solo un vento leggero
è a gara con gli acri umori della pelle.
 
Ma quelle stelle che hai appeso sul soffitto,
quelle, non competono ai bagliori
di magnesio che intravedo dagli scuri,
al lampo baleno dei grappoli d’uranio.
Non ai lucori della mia sigaretta
accesa nel buio.
(Ci sarà posto anche per me come
scaricatore di porto o nelle miniere
profonde, non temo).
 
Poi ti dico dei capelli caduti sulle labbra,
dell’anello che giochi tra le dita.
Ti prometto un viaggio, un abito,
un tappeto indiano.
 
 
Mimmo Pastore