Fraintendere le stelle – Vernalda Di Tanna


Affrontare la gioia da soli 2

Fraintendere le stelle, Vernalda Di Tanna (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2021, collana Gialla).

“La pelle che fiorisce”. Con questo verso della giovane poetessa, si potrebbe descrivere l’animus di Fraintendere le stelle (Samuele Editore, collana gialla, 2021), la raccolta d’esordio di Vernalda Di Tanna. È il cuore a battere i denti, a fare le domande che letargiche si nascondono tra i nodi del destino. La giovane penna di Vernalda rompe il silenzio in appendice, interroga la primavera e, con pazienza rannicchiata, aspetta che i boccioli al gelo diventino frutti. È la gioventù che calpesta i rami storti, sbuccia l’attesa, annusa gli aliti di sera e si fida della promessa intuita.

 

La distanza allatta ogni domanda,
spettina la pelle. E la tua lingua,
stiracchiata, sussurra una voce
disumana. Resta a galla una rete
spoglia d’acqua. Se ami il giorno,
rischi di fraintendere le stelle: il callo
della malinconia è la doppia
vita che sa fingere la nostalgia

 
 

La poetica si schiude intorno ad “amori gracili” che la poetessa paragona ad “incauti corridoi”, e “slabbrature di buio” che vengono adombrate da miraggi di stelle, di luci e di lucciole che anticipano l’alba a venire. Tra le pagine tira una brezza di rugiada serale, di erba fresca, di piedi scalzi a pestare “gli oracoli invertiti nei ricordi”. Quelle sere d’estate, che Rimbaud contiene con tutta l’aria nei polmoni nella sua celebre lirica “Sensazione”, irraggiano il prato bianco della scrittura poetica di Di Tanna. E come il poeta francese, anche l’autrice assapora la libertà trasognata, ma il sogno lunare di Vernalda è spesso rotto “dall’insonnia degli infissi”.

 

L’insonnia turba gli infissi. Ci
Riduce la tua assenza indicibile.
                      Una doppia pagina,
                      La pelle che fiorisce

 
 
 
 

Gemi, screpolata dalla sorte.
Sei nella precisione delle stelle
esaudite a luce inerme

 
 
 
 

Non avranno dolore della brace,
se nei fichi rimordono l’estate.
La fiducia: una mano sul fuoco
e la carie che fiorisce

 
 

L’autrice sembra far propria la lezione di Milo De Angelis, uno dei poeti contemporanei che più apprezza: la poesia inchioda l’unicità della parola. Difatti, ogni parola utilizzata dalla giovane poetessa è ponderata, composta e posta con consapevolezza nella struttura del verso. La predilezione per la brevitas incoraggia la ricerca semantica e la perlustrazione dei vari significati di cui il grafema si avvale. E proprio come per De Angelis, Vernalda concepisce la parola poetica come interruzione (“La parola non fu che una voce/ in silenzio, un’interruzione”).

 

Una ragazza allarga le braccia
Slabbra nei desideri una mappa.
Vieta al respiro ogni pedaggio.
La città si fascia la testa
Di una nebbia senza letargo.

 
 

Di Tanna viaggia “al termine della notte”, mastica respiri sospesi in una nebbia senza letargo ma l’intera silloge è permeata dalla speranza, come bussola, per orientarsi tra gli astri e i destini incrociati. In sintesi, un libro che sposa la frase latina, “per aspera ad astra”.

 

Chiara Evangelista

 
 
 
 
Una bracciata di voci, rumori.
Letargici rami. Gli anziani.
 
Nell’incantesimo sordo del suono,
potrei dimenticarmi chi sono.
 
 
 
 
 
 
Avidi i fiori penzolano inganni,
ma tu li guardi nelle fioriture dei libri
con occhi che gelano in coro il sole,
inquinati dalle stelle d’ottobre.
 
 
 
 
 
 
Meno di una pura, cieca
superstizione, più che un giro di vite.
La parola non fu che una voce
in silenzio, un’interruzione.
 
 
 
 
 
 
Gli amanti
 
Non avranno dolore della brace,
se nei fichi rimordono l’estate.
La fiducia: una mano sul fuoco
e la carie che fiorisce.
 
 
 
 
 
 
Sono doppi i fili che ci muovono
nel teatro di un’assenza singolare.
 
Mi sono rimasti rovinosi inganni
a spaiarmi tutti i punti cardinali.
 
C’è rimedio a tutto, tranne alla vita.
 
 
 
 
 
 
Tardiva ti conobbi che mai viva
mi frugasti libera d’inciampi,
le piume, pestate sotto i calli:
chi resta con i piedi a terra
perde l’uso delle ali.
 
 
 
 
 
 
Disastri
 
La notte brancola nelle tue braccia.
Un faro di libri sul comodino
illumina l’insonnia fino all’alba.
 
 
*
 
 
A terra ci dispongono le stelle
disamorate della luce. Freme
e ci annotta il cielo che ci fraintende.
 
 
*
 
 
Gli oracoli invertiti nei ricordi
suggono conserti i piedi della notte.
Il giorno è un campo arato.
Sulla sua schiena annotavo
la perdizione,
il finale aperto dei tuoi respiri.
 
 
 
 
 
 
Tutto nel disappunto della notte
rimprovera rimpianti d’altre rotte.
Il coraggio lungamente odora
ciò che il disamore poi consola.