Eugenio Montale


 

Eugenio Montale (1896-1981, Nobel nel 1975) affidò all’amica Annalisa Cima per la Fondazione Schlesinger di Lugano poesie ora in Diario postumo a condizione che fossero pubblicate dopo la sua morte. Lo fece dal 1969 al 1979 negli anni di Satura, del Diario del ’71 e ’72, del Quaderno di quattro anni e di Altri versi e infatti i testi affidati mantengono lo stile discorsivo e colloquiale. Montale ha diviso le poesie di undici anni in undici buste, con un marchingegno aritmetico. Già al primo apparire le poesie dall’aldilà di Montale suscitarono un vespaio critico e tuttora c’è chi non le accetta come sue.

Ma come avrebbe potuto contraffarle Annalisa Cima con il suo periodare poetico da sempre fluente e avvolgente? Non si danno sostituzioni di identità.

In più la maggior parte delle poesie postume celebrano la figura femminile (spesso associata alla luce) di Annalisa Cima, la figlia mai avuta che Montale aveva desiderato: Deponete la vostra invidia. / Qui non c’è un’oscura malia, / né il plauso ingiusto. Spira in lei la stessa armonia / che è nei suoi versi. / Lasciate lo spirito perverso/ e sentirete che è tornato il canto, / la musica dimenticata /d’un balzo ha ripreso il suo sentiero.

Inoltre, fatto inviso a molti, qui Montale si dichiara passato dall’ateismo alla fede. La stessa di Annalisa Cima.

Scrive Annalisa Cima: Quel che occorreva a Montale per sopportare, con minor angoscia, il peso degli anni era di poter contare su qualcuno: un discepolo, quasi un figlio, che gli fosse così fedele da sfidare le burrasche che il macchinoso disegno, da tempo pensato, avrebbe inevitabilmente provocato dopo la sua morte. Unirono Montale e la Cima la melanconia/allegria e l’amore per il paradosso. La prefazione è di Angelo Marchese.

Superfluo aggiungere che, per chi scrive, il Diario postumo è autentico.

Pierangela Rossi

 
 
La felicità
 
Ieri sentii che l’inverno mi aveva
riservata una sorpresa lieta.
Svelavi ad alta voce i miei pensieri.
-E se la vita fosse un mistero vano?
-Resta nel tuo eliso, non essere crudele
verso quel vago senso di speranza
che a noi, solo, rimane. Ben altro
è la felicità. Esiste, forse,
ma non la conosciamo.
 
 
 
 
Telefoni per ricordarmi
d’aver detto che il Nobel
dev’essere rifiutato, perché
non sempre è dato al migliore.
Forgive me, lo accetto per paura.
Un cospicuo compenso non offende
al contrario difende dalle insidie
della svalutazione. Non attenderti
gesti di coraggio da un vegliardo.
I riconoscimenti giungono
sempre in in ritardo, quando sembra
inutile anche un titolo ambito.
Il tempo degli eventi
è diverso dal nostro.
 
 
 
 
Resta lontano dalle secche
tu che cerchi il tutto
e rifiuti notorietà e fama.
Resta ancorata al bello, al sogno,
non cadere nell’inganno del presente.
L’amorosa musa t’aprirà le porte
dell’eliso e i suoni che distilli
ti compenseranno dell’amaro
sapore di critiche e silenzi.
I tuoi cristalli trasparenti
non periranno nella funerea scia,
già travalicano le lugubri scacchiere
che decidono le sorti.
Nell’ora cara agli dei
tutto muterà d’un tratto,
era già scritto.