Elma Mitchell

Elma Mitchell

 
 
Women reminded him of lilies and roses.
Me they remind rather of blood and soap,
Armed with a warm rag, assaulting noses,
Ears, neck, mouth and all the secret places:
 
Armed with a sharp knife, cutting up liver,
Holding hearts to bleed under a running tap,
Gutting and stuffing, pickling and preserving,
Scalding, blanching, broiling, pulverizing,
– All the terrible chemistry of their kitchens.
 
Their distant husbands lean across mahogany
And delicately manipulate the market,
While safe at home, the tender and the gentle
Are killing tiny mice, dead snap by the neck,
Asphyxiating flies, evicting spiders,
Scrubbing, scouring aloud, disturbing cupboards,
Committing things to dustbins, twisting, wringing,
Wrists red and knuckles white and fingers puckered,
Pulpy, tepid. Steering screaming cleaners
Around the snags of furniture, they straighten
And haul out sheets from under the incontinent
And heavy old, stoop to importunate young,
Tugging, folding, tucking, zipping, buttoning,
Spooning in food, encouraging excretion,
Mopping up vomit, stabbing cloth with needles,
Contorting wool around their knitting needles,
Creating snug and comfy on their needles.
 
Their huge hands! their everywhere eyes! their voices
Raised to convey across the hullabaloo,
Their massive thighs and breasts dispensing comfort,
Their bloody passages and hairy crannies,
Their wombs that pocket a man upside down!

 
And when all’s over, off with overalls,
Quickly consulting clocks, they go upstairs,
Sit and sigh a little, brushing hair,
And somehow find, in mirrors, colours, odours,
Their essences of lilies and roses.
 
 
 
 
Le donne gli ricordavano gigli e rose.
A me ricordano piuttosto sangue e sapone,
armate di uno straccio caldo, vanno all’assalto di nasi,
orecchie, collo, bocca e di tutti i punti segreti:
 
armate di un coltello tagliente, spezzettano il fegato,
tengono cuori a sanguinare sotto l’acqua corrente,
eviscerano e farciscono, mettono sottaceto e conservano,
sbollentano, sbiancano, gratinano, polverizzano,
– Tutta la chimica tremenda delle loro cucine.
 
I loro mariti lontani si chinano sulla scrivania di mogano
e con garbo manipolano il mercato,
mentre al sicuro a casa, le tenere e gentili
ammazzano topini, un colpo secco sul collo,
asfissiano mosche, sfrattano ragni,
strofinano, sfregano con gran rumore e buttano all’aria credenze,
affidano cose a pattumiere, torcono, strizzano,
polsi rossi , nocche bianche e dita raggrinzite,
polpute, tiepide. Manovrano aspirapolvere stridenti
attorno alle protuberanze del mobilio, rassettano
e tirano via lenzuola da sotto pesanti
vecchi incontinenti, si chinano per importunare i giovani,
danno strattoni, piegano, infilano, usano la lampo, abbottonano,
imboccano cibo, incoraggiano l’evacuazione,
asciugano il vomito, infilzano la stoffa con aghi,
avvolgono lana intorno ai loro ferri da calza,
creano cose comode e calde sui loro ferri.
 
Le loro mani enormi ! Gli occhi che sono dappertutto! Le voci
alzate per comunicare attraverso il baccano,
le cosce massicce e i seni che danno conforto,
le loro aperture sanguinanti e i loro recessi pelosi,
i grembi che intascano un uomo capovolto!
 
E quando tutto è finito, via i grembiuli,
rapida occhiata all’orologio e vanno di sopra,
si siedono e sospirano un po’, spazzolando i capelli,
e in un modo o nell’altro negli specchi trovano colori, odori,
le loro essenze di gigli e di rose.

 
 
Traduzione di Anna Maria Robustelli