È dispersione, sfondamento di reti – Luca Minola



 
 
 
 
Sarei il sogno a te presente,
l’azzurro spinto al massimo
e saprei che l’anima è cercata.
 
 
 
 
 
 
È dispersione, sfondamento di reti,
nostalgia avanzata fra le condizioni,
stampo di immagine protetta.
 
Se irradia è solo luce, sistema di luce.
 
Si separa, rotola nel flusso
in veloci soluzioni, fuori dai complessi strumenti.
 
 
 
 
 
 
Vuoi dire la luce che avanza.
Segna qualcosa di intravisto: l’ipotesi di altri giorni.
Resterai fuori. I ritmi di sottofondo si aprono.
Ogni cosa spinge con la voce attuale.
 
Gli alberi si placano nel loro impero,
una seconda notte.
 
Sparisce ancora per poco un tempo.
 
 
 
 
 
 
Non arriveranno più giorni. L’estate trema
le linee prolungate dell’erba intasano
gli occhi di piccoli animali.
Colonie e nomi non sono più una proprietà.
Gli elementi si fissano, al momento tutto cede.
In brevi e incessanti pause l’ombra si anticipa
in grandi ricchezze.
 
 
Pressioni – Luca Minola (LietoColle, 2017)
 
 

Pressioni (LietoColle, collana I Giardini della Minerva, 2017, prefazione a cura di Maurizio Cucchi) di Luca Minola rappresenta una raccolta dall’equilibrio ammirevole, in cui l’Autore realizza un’esemplare ponderazione della parola poetica, con una cura formale che va dall’attenzione ritmica ed eufonica del dettato, alla capacità di fotografare un attimo, nel suo globale minimo.

Smunta di retorica, seppur armonica nella propria eterea graziosità, la poesia di Minola si dischiude con una omogeneità stilistica alla necessità di smarginare l’orizzonte dei meccanismi quotidiani. Queste sono le necessità primarie a cui risponde il dettato, sottendendosi alla calma dei tramonti ed alla quieta nudità delle forme, e nell’attesa che si innesta tra gli istanti, ed il distendersi liquido della luce.

Il prefatore parla di una poesia contraddistinta da un certo “controllo stilistico e formale”, di un verso che omaggia la “sobrietà del linguaggio” e di un “desiderio di penetrazione di un reale sempre incerto”; ed in effetti questi sono gli elementi che in prima facies risaltano più degli altri nell’esperienza poetica di Minola.

Il canto, infatti, risponde alla necessità fondamentalmente umana di condividere e tramandare al lettore l’invito a trovare un senso profondo nella bellezza equilibrata e nascosta delle cose – quella certamente più essenziale, che arriva prima alla percezione dei sensi che alla ragione e al pensiero.

L’afflato estivo su campitura urbana, il destino si fa pacatamente indicibile nel proprio distendersi ineluttabile: in questi elementi Minola si fa nostalgico nel suo dire, come se il verso trattenesse a stento la realtà e maturasse della stessa la rappresentazione che più profonda irretisce ogni linea armonica.

Per questo il poetare dell’opera sembra foriero di una qualche memoria ed una certa reminiscenza che insieme costituiscono una poetica del ricordo in cui la narrazione incontra l’impalpabilità estetica del sogno e della notte.

Con equilibrio e precisione, il rapporto tra pensiero e stesura della versificazione sembrerebbe celare un punto cieco, ed un momento di complessa vulnerabilità prima di aprirsi all’assoluto notturno come luogo di antitesi alla tematica luminosa centrale dell’opera.

Questo sentire si intreccia con una serie di personaggi che amplificano il senso umano dell’esistere in una serie di preziosi epigrammi che oscillano tra il dire ed il dirsi, il ritrovarsi ed il ritorno. Le parole che ne conseguono, tentando la rappresentazione di questo meccanismo, diventano parte di questo affresco senza cedere all’eccesso dei minimalismi.

Minola omaggia con la stessa posatezza anche i tramonti e le sere estive, emergendo come luogo privilegiato della trasfigurazione del sentire, dell’esistere e della memoria, ma rimane la notte il locus che interroga la tematica amorosa ed il destino di chi si è smarrito, assieme alla sessualità che, con posa ingentilita, si dona come frutto maturo nel profondo dei mesi estivi.

Così e i sensi, e i gesti, e gli attimi appaiono sì vaporosi, ma anche i momenti più autentici e reali dell’esperienza umana – anticipando e superando ogni volta le parole e il pensiero, che indugia nella sua luminosa umoralità sopra le cose con fare stentato e imperfetto, quasi incespicando per raggiungerli.

Con un decoro e una posatezza esistenziale e umana che non possono che instillare un sentimento intenso, nostalgico e struggente allo stesso tempo, il tutto collegandosi ai luoghi, alle storie e al gusto estetico della “moderata bellezza” di Manzoniana memoria.

Carlo Ragliani