Dominique Villa

Dominique Villa

 
 
[L’IMMENSO ABBANDONO DEGLI UOMINI ERA INTORNO A LEI
– E TUTTA QUELLA OSTINATA VOCAZIONE ALLA ASSENZA…]  
1.
 
L’immenso abbandono degli uomini era intorno a lei
-e tutta quella ostinata vocazione alla assenza:
i fiori erano fermi e lontani
come fossero dipinti
( forse erano gigli di palude
grigi e azzurri)
 
Nel vasto mondo crepuscolare
aperto da ogni parte
oltre la –vasta- opacità diffusa
si intuiva il mare tragico,
i lontani tumulti allucinali
dell’orizzonte,
e il freddo aveva un che di immobile
di angosciastico
si vedevano scintillare cupi angoli.
Perfino l’alba fu modesta e pallida,
una prima visione lucida vetrosa,
con lo sboccio lontano dei fiori notturni,
l’ultima forma coagulata..
Lei voleva essere sempre
segretamente furiosa:
nella sovrapposizione dei flagelli,
-dei teratologici casi –
gli occhi morti, la lingua persa
quelle- sue– cogitazioni proibite
la nudità nella sua paurosa concisione…
 
 
 
 
2.
 
…  Il cuore umano ha già pressapoco
la mollezza di una pietra…
Dovete resistere,
alla tentazione di essere umani…
 
Una rete di fiamme
percorreva il suo volto,
( doveva trattarsi di un incubo.
nell’innaturale postura
il morto sembrava gridare il suo assenso)
e vi era una interminabile striscia calcinata,
sobrio reticolo inciso,
nell’acqua nera mura di pietre e terra,
la tramatura di atomi adunchi,
dei corpi ponderabili
– nell’imminenza della violazione–
( quella grande farfalla
divorata sotto i suoi occhi…)
Strinando- nell’arido diagramma-
capisce che la parola stessa è un deserto,
in lontananza è color di malva,
un paio di gelide labbra.
E quell’apparizione va poi a spiegarsi
nel sibilo dei venti e delle arterie,
in quel suo fremito- orribile e delizioso-
di uccello ferito:
è solo un fuoco madido,
la pietra di paragone del suo lutto
(… si ossidano i fiori,
si corrompeva il sale…)
 
 
 
 
3.
 
(In questo mare della innocenza
dove nessuno è innocente
avrei abitato in una dimora
liscia compatta
 
color di malva – e dolce)
 
E sulla terra antica e terribile
( nel bisogno di assassinio di queste città)
nell’obliqua solarità del pomeriggio

nella fioritura fuori stagione-
l’autunno perdeva un poco del suo mite calore
visto da vicino,
(e foglia dopo foglia)
con gli splendidi ingannevoli colori della morte,
nebbiosi sulle acque.
Nel -solo- lago spento,
come un santuario senza rumore,
tutte queste estati travolte,
là i campi di silenzio,
nelle ore della notte,
quel bianco bagliore, ottuso.