Alcune domande su Cinema Persefone di Marilena Renda (Arcipelago Itaca, 2025, finalista al Premio Strega Poesia 25) a cura di Giuliana Pala.
Giuliana Pala: In una tua intervista apparsa su Nazione Indiana dici «Mi fido per istinto di un/a poeta che si trasforma, anche molto, da un libro a un altro, che sperimenta, che non ha paura di trasformarsi insomma: la ricerca dell’autenticità, per me, passa soprattutto da lì». Qualche mese fa è uscito il tuo nuovo libro Cinema Persefone per Arcipelago Itaca, nella collana diretta da Renata Morresi, e rispetto al precedente, Fuoco dagli occhi (Aragno, 2022), quel che si vede è proprio quello di cui tu parli: «una poeta che si trasforma». Nell’inchiesta In teoria e in pratica apparsa per l’Almanacco de Lo Spazio Letterario tu dici che per scrivere fai spesso ricerca, usi dei materiali. Ti faccio allora una domanda pratica e introduttiva: come hai lavorato a questo libro? Com’è venuto fuori dal punto di vista del processo? Esiste una ricerca anche prima di Cinema Persefone? E se sì, qual è stata?
Marilena Renda: Sì, ho studiato e lavorato su dei materiali, che è il metodo che seguo di solito. Nel caso di Cinema Persefone, i libri di riferimento sono Il sogno e il mondo infero di James Hillman, Lettere di compleanno di Ted Hughes, che fornisce anche l’epigrafe, e Averno di Louise Glück, senza il quale non mi sarebbe mai venuta l’idea. Non faccio niente di speciale in realtà: di solito quando ho un innesco in testa leggo tutto quello che trovo sull’argomento – in questo caso anche il testo classico di Claudiano, ma anche Deidier e Agamben – e quando penso di aver raccolto abbastanza materiale ci lavoro su, prendo appunti e poi scrivo, abbastanza velocemente. Penso che questa fase di studio sia, per una persona insicura come me, una specie di formazione difensiva per non trovarmi sguarnita di fronte alle parole.
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Foto di copertina di Dino Ignani