Alessandro Corbetta: La migliore poesia, a cui la sua opera senz’altro appartiene, non è fatta di giustapposizioni o accostamenti casuali e, dunque, una nuova raccolta diviene sempre tassello che, posto accanto a quelli precedenti, consente al lettore di progredire nella scoperta del quadro di insieme della visione di un autore. Le chiedo, a riguardo: come si colloca La materia del contendere (Garzanti, 2025) rispetto alla sua produzione precedente? Quali elementi di continuità e quali, invece, di contrapposizione o differenza in riferimento soprattutto al tema dello spazio, per lei così centrale?
Giancarlo Pontiggia: Dei quattro libri che ho scritto finora, questo è forse il più spoglio e meditativo, anche se fa costantemente appello al potere delle immagini, che sono poi – almeno dal mio punto di vista – l’essenza del poetico, perché aprono all’infinità del dire.
Al centro del libro è l’uomo: l’uomo che tanto ci inquieta, con il suo strano impasto di viscere e ragione, la sua inquietudine costitutiva, che la modernità ha sorprendentemente esasperato. Un uomo che viene da lontano, dalle grotte di Lascaux, dal Pleistocene, dalle infanzie dei popoli, che può incarnarsi in figure storiche come Marco Aurelio e Giuliano, o filtrare dal legno di una porta, confondersi con il crepitio di un fuoco, emergere dalla materia fluttuante dei sogni, ridursi all’essenziale di una voce.
E questo è anche un libro di voci. Voci che si mescolano con i suoni della natura, con gli oggetti del nostro mondo quotidiano: un secchio, una pietra, una brocca che cade e miracolosamente si ricompone, una stoffa, una scodella, frammenti di vita vissuta. E può capitare che si parli del bene e del male, del rapporto tra natura e storia, e ancora di temi già al centro delle raccolte precedenti, ma che qui sembrano semplificarsi, toccare il cuore dell’essenziale: il tempo, le origini, la vita sognata o solo immaginata, che la memoria riscrive giorno dopo giorno, il rapporto con le ombre, il filo lungo delle generazioni che abitano in noi, la contesa con la morte.
Inevitabile, entro questa prospettiva, la rinuncia a una costruzione architettonica del libro, non più articolato in sezioni dotate ciascuna di una propria autonomia espressiva. La poetica dello spazio che informava le raccolte precedenti si è sciolta in un continuum circolare di suoni, voci, pensieri, immagini.
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