Claudio Damiani suggerisce Pietro Federico

Claudio Damiani suggerisce Pietro Federico
 
 
 
 
Arkansas
 
Quando da Venus svolti a nord ovest
e sei già verso Aurora
vedi una casa ma non so se esiste ancora.
Se la vedi non crederci è lei che ti vede.
Gli déi in Arkansas non hanno bisogno della tua fede
non hanno bisogno di te ma di un tempio.
Nel mio caso la chiesetta di Venus ad esempio
giù lungo la centoventisette gli dovette stare stretta.
E lo so già che detto ad alta voce è ridicolo
secondo me rimase mesi a valutare casa nostra
dalla foresta.
È una sensazione che ti prende
mentre aiuti a sparecchiare o lavi i piatti alla finestra
o quando dal divano sbirci fuori nel buio assoluto
appena prima che tua moglie tiri le tende.
Lavoro duro torno un giorno al mese
ed ogni volta il bosco sul retro sembra cresciuto.
Toglie al giardino un centimetro al giorno.
Una volta mi trovo seduto sul gradino
ho litigato con mia moglie
la vedo un giorno al mese
ma non ne vuol sapere di fare l’amore.
Sta in piedi e guarda nell’erba
così gialla e così alta
che di contrasto al buio di quegli alberi
ormai fa impressione.
Mia moglie dice che non ci sono mai
che la casa sta andando in malora.
Cerco una scusa vedo il cane che corre felice
soltanto la testa gli sbuca dal giallo
dico L’erba non è poi così terribile. Lo chiamo.
Lui si volta dall’altra parte forse annusa qualcosa
poi senza un suono si lancia a perdifiato
e scompare nel fitto del fogliame.
Dopo il divorzio ne ho parlato con il prete
dice che il motivo per cui il cane se ne è andato
il buio che vedevo al di là del prato
era la mia mancanza di fede
e inoltre aggiunge che in Arkansas
abbiamo poca terra consacrata.
Anche se adesso dico il credo non mi tolgo
dalla testa quel terrore
quando ho vicino il fuori o una finestra.
Un giorno ho fatto un incubo terribile
ho dentro il cuore una felicità incredibile
poi l’erba gialla un attimo e so tutto.
Sono il mio cane sento il mio richiamo
tutto si spegne e odio
odio persino la mia voce che mi chiama.
Non ringhio non abbaio
e corro corro corro verso il buio.
 
 
 
 

Quello che mi ha sempre colpito nella poesia, ma anche nella persona di Pietro Federico, è lo slancio. Slancio che è fede e disperazione insieme. Amore e morte. Grandissima tradizione occidentale. Come quel buttarsi nel buio alla fine di Arkansas, poesia tratta da La maggioranza delle stelle, canto americano pubblicato da Ensemble con una bellissima prefazione, molto partecipata, di Giancarlo Pontiggia.

Pietro ha vissuto un breve periodo della sua vita, ma molto intenso, negli Stati Uniti, perché si è sposato e ha avuto una figlia. E ha scritto un poema sull’America. Certo è strano che non sia un americano a farlo perché colpisce molto la partecipazione, la precisione, la conoscenza, la memoria.

Pietro parla di ogni Stato, uno per uno. Di ogni stella. Si immedesima con personaggi autoctoni, reali o inventati, dialoga con loro ed è come se avesse vissuto in quei luoghi l’infanzia, o anche prima dell’infanzia. Come se ci avesse vissuto in altre vite.

 

Claudio Damiani

 
 
 
 

Pietro Federico è nato a Bologna nel 1980.Vive a Roma da 6 anni. Scrittore, poeta, story editor e traduttore professionista. Ha dato vita e diretto la collana di traduzione letteraria chiamata Dromos, Raffaelli Editore. Traduttore per case editrici come Interlinea, San Paolo, Lindau, Rubbettino. I suoi libri di poesia: Non nulla (2003, Ibiskos, Empoli), Mare Aperto (Aragno, Torino, 2015) vincitore del premio Subiaco 2015 e Premio Ceppo 2017, La maggioranza delle stelle – canto americano (Edizioni Ensemble, Roma, 2020); diciassette poesie su cinquanta di quest’ultima raccolta sono già state accolte per la pubblicazione da sette prestigiose riviste accademiche americane: Los Angeles Review, Alabama Literary Review, Birmingham Poetry Review, Hopkins Review, Azonal, Literary Matters, The Journal of Italian Translation.
Alcune delle sue traduzioni poetiche: Le storie più mute di Katherine Larson (Edizioni Interlinea), La ballata del Carcere di Reading di Oscar Wilde (Giuliano Ladolfi Editore), Poesie di Martha Serpas (in Testo a fronte di Marco y Marcos).