Cees Nooteboom

 
 

Cees Nooteboom è nato a L’Aja nel 1933. È uno dei più grandi poeti e scrittori contemporanei. Da Iperborea sono usciti suoi romanzi, fra i quali Rituali, Il canto dell’essere e dell’apparire, e Tumbas. Una breve raccolta di poesie è stata pubblicata dalle Edizioni del Leone: Le porte della notte.

Nooteboom è prima di tutto un poeta e si sente in collegamento con i grandi poeti del passato come Virgilio, Ungaretti, Montale. Lo dichiara in Incontri sezione di Luce ovunque. Poesie 2012-1964 (traduzione di Fulvio Ferrari, 2016), una meritoria pubblicazione di Einaudi. Con il grimaldello di pubblicare dalla fine all’inizio, risalta il fatto che, stranamente, le composizioni più recenti sono più mature di quelle iniziali. Si dice che le sue poesie pullulino di angeli, fantasmi, il nome di Dio, atmosfere borghesiane. Ma quel che salta all’occhio è la preponderanza di poesie di poetica, a volte gracili, a volte possenti: “Tutto ciò che è fatto di parole è vero” scrive.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Notte
 
Di notte, lungo palazzi di nuvole
e un’ultima terrazza di chiaro di luna,
il sogno di viaggi proibiti,
un portone, sempre chiuso,
ora socchiuso, il pericolo di un’altra
vita, una poesia
 
di un’esistenza capovolta,
in cui la morte non ha falce:
è un amante su zoccoli d’oro
che ti accarezza il senno
e srotola il tappeto di stelle
perché ti ci possa stendere sopra.
 
Luce ovunque, fino ai denti
della belva, fino alle unghie
dell’assassino e al pugnale lucente
che scrive l’ultima parola,
fuoco, poi con i tuoi occhi di nessuno
vedere senza mai una fine,
 
vedere chi eri.
 
 
 
 
 
 
Senza un’immagine
 
Senza un’immagine appare una poesia,
forma che ancora deve generarsi
dal territorio delle parole,
ereditata da chi non ho mai conosciuto.
 
Linguaggio, levigato nei sogni, sui pulpiti,
impastato nei letti, in camere solitarie,
da usarsi in vita e in morte, arma
nella lotta contro il caso, astuzia
del destino.
 
Chi eravamo, il nostro cammino
attraverso l’enigma
sta scritto nelle parole,
scrittura come figlia della lingua,
sussurro, lamento, il midollo
dei pensieri,
 
testamento di un’emozione
svanita, suono di decreti per il futuro
quando la folla si disperderà
dirigendosi alla sua muta
casa.
 
 
 
 
 
 
Riso amaro
 
Like nuns in fields of rice
leggo in Zagajewski,
ed ecco, all’improvviso, una mappa,
un atlante senza nomi,
continenti dalla forma
irriconoscibile, terre colorate
di verde tra anonimi mari,
 
e subito un’immagine accanto,
come in un moderno libro di scuola:
risaia in un paese senza nome,
monache nell’acqua fino al ginocchio,
madide sotto il sole,
eroine dell’agricoltura,
volti riflessi tra le piante.
Veli ammucchiati tra l’erba.
 
Tutto ciò che è fatto di parole è vero,
anche il riso qui sa di sacro,
puoi mangiarlo con le bacchette:
 
ogni chicco
una parola.