La poesia di Bartolomeo Bellanova ha un linguaggio stratificato, caratterizzato da un insieme di riferimenti culturali che attingono sia all’antico quanto al contemporaneo. Questa complessità invita a una lettura che connette le influenze e i simboli che si trovano nei suoi versi. La varietà dei registri e delle immagini forma una poetica che riesce a unire mondi distanti nel tempo e nello spazio, intrecciando rimandi letterari, storici e filosofici in una visione unitaria della scrittura.
Questa proposta Attraversamenti edita da puntoacapo nel 2024 (prefazione di Franca Alaimo), evoca atmosfere di periferie italiane in maniera dettagliata: elementi come “volantini scoloriti” e “schiere di giovani tigli” rimandano a un immaginario in cui le realtà periferiche si fanno teatro di memorie svariate, quindi chi legge entra in un viaggio lirico e concreto, una descrizione che scorre le tracce lasciate dal tempo, le persone e le stagioni che hanno consumato e vissuto questi luoghi.
Vi sono anche elementi naturali che diventano simboli esistenziali: Il volo di un uccello è la metafora chiara di mistero e imprevedibilità della vita. Bartolomeo fa uso della natura non solo come scenario per portare i suoi versi, ma anche come specchio dei pensieri e l’interiorità personale e plurale che consiste in sottolineare il legame che da sempre esiste tra essere umano e natura coi significati che ognuno trova o aderisce.
In questa raccolta si trova anche un territorio molto esplorato ed è quello del dolore e la fragilità umana che però il poeta trasforma in un ritrovo di vicinanza e comprensione, donando anche della tenerezza attraverso i suoi versi. Le metafore di angoscia interiore, corpi vulnerabili, intrecciati e tormentati rendono evidente la tensione fisica e anche emotiva e qui si posa la potenza dell’autore perchè riesce con un linguaggio che ricerca un senso nell’ordinario a creare una sacralità quotidiana e una comunione tra l’alterità e il terreno. Così contribuisce la sua opera poeta al panorama dei lettori, con una risonanza profonda nei vari livelli di significato dell’essere.
Rocío Bolaños
Ortigia il castello
Sul camminamento
tra sassi disossati dai secoli
e passi turistici andati
mi abbraccia la pace.
“Vola con noi!” mi chiamano le rondini
a picco radenti alle feritoie.
Misuro a cuore quanti palmi
dista il muro di cinta dal fondale
il tramonto frigge scarlatto la spuma.
Dopo questa abluzione di cielo addosso
dopo questa luce nuziale
che mi ricongiunge all’Essere
come posso tornare indietro
a forma corrotta di cellule impazzite e scorie corporali?
Non ha un corpo il vento, non lo hanno il fulmine, il tuono
e le nuvole, ma quando questi si elevano alle sfere più alte,
lì essi trovano il loro corpo di luce. Allo stesso modo quando l’anima
è in quiete silenziosa, essa si eleva e abbandona il corpo,
raggiunge il suo spirito supremo e trova lì il suo corpo di luce.*
Lo iodio e il sale marino
dissolveranno ogni attaccamento
quando sarò eco della risacca.
* Chandogya Upanishad (8.7-12)
Imboscate
Dobbiamo sfollare
con i versi e la farina,
non è più tempo di stare,
andare alla macchia,
sforbiciare la rete e
sotterrare le password.
Giorno dopo giorno
in silenzio a capannelli furtivi
lasciare le fabbriche, gli uffici, i container
amputare gli arti del mostro.
Vedremo le telecamere, i bancomat,
i nastri trasportatori e i maxi schermi
cadere in depressione
e morire d’inedia
per troppa solitudine.
Allora balleremo scalzi
su fili di atomi festanti tesi tra le querce.