Assassine seriali – Sonia Caporossi

La precisione e attenzione alle tecniche compositive, nonché il riferimento colto, sono forse i due elementi che ricorrono in tutti i lavori di Sonia Caporossi, pure molto diversi fra loro per temi e stile. A prima vista, infatti, Assassine seriali (Edizioni Progetto Cultura, 2023) sembra collocarsi in una posizione defilata all’interno dell’opera dell’autrice. A differenza di altri suoi libri (come Taccuino dell’urlo, Marco Saya, 2020) questo si presenta decisamente sobrio: non compaiono le spazializzazioni, le frantumazioni e l’uso espressionistico della punteggiatura (soprattutto dei due punti e delle parentesi graffe) che hanno caratterizzato una fetta importante della poesia caporossiana.

Se si vuole rintracciare un legame tra le Assassine e i libri precedenti, bisogna dunque guardare in primis allo studio della metrica: come alcune parti del Taccuino della cura (Terre d’ulivi, 2021) insistevano sull’ottonario, così i ritratti di serial killer che compongono questa plaquette sono pezzi monostrofici con versi isosillabici – settenari o endecasillabi – ad eccezione dell’ultimo (su cui torno più avanti) che oscilla tra varie misure. Questo aspetto da una parte mette in chiaro la consapevolezza tecnica dell’autrice, la scelta precisa dello schema metrico, ma dall’altra espone le Assassine al rischio anacronistico che opzioni del genere, a questa altezza storica, si portano spesso dietro. Caporossi ne esce iniettando nelle sue biografie in versi un «umorismo macabro, in bilico tra humour noir bretoniano e Galgenhumor» (come scrive Maria Laura Valente nella prefazione) che ne esibisce lo spirito volutamente caricaturale e beffardo.

E veniamo così ai temi, cioè, appunto, alle biografie. Da questo punto di vista Assassine seriali comunica in realtà più con la produzione in prosa dell’autrice, che con quella in versi, e in particolare con Opus Metamorphicum (A&B Editrice, 2021), raccolta di ritratti di personaggi storici o mitologici ispirati all’«antico modus del conte philosophique» ma distorto in chiave ironica. Le Assassine proseguono quella strada, trasferendo l’esercizio dalla prosa ai versi e restringendo il raggio di exempla (decisamente non moralistici) alle storie di serial killer vissute nei secoli scorsi. Il risultato di queste scelte è dunque una galleria di figure controverse di cui si presenta prima una scheda biografica, poi «una forma di Einfühlung («immedesimazione»)» (è ancora Valente) ottenuta attraverso la poesia. «o padre snaturato che non mi vuoi più bene»: così ad esempio l’attacco della Marchesa di Brinvilliers, giocato – come anche negli altri testi – sul tentativo di entrare nella coscienza dei personaggi descritti.

L’idea di immedesimazione, però, va presa in maniera obliqua. Leggendo i testi non sembra che lo scopo di Caporossi sia precisamente quello di sondare le cause psicologiche o antropologiche delle serial killer (pista cara a un filone ormai consolidato della narrativa, di cui L’avversario di Carrère è l’esempio più facile). L’ironia, amplificata proprio dalla scelta metrica, inserisce una distanza tra chi scrive e l’interiorità dei personaggi. Ne consegue la traslucidità di quest’ultimi, che proprio in quanto bidimensionali riescono a mantenere una funzione in certo senso sovrapersonale. Si tenta, voglio dire, di individuare alcuni buchi della storia sociale occidentale: le Assassine incarnano un punto in cui le espressioni del potere (che possono essere quelle degli stupratori di cui queste figure sono vittime o al contrario le stesse Assassine, se di rango aristocratico come Erzsébet Báthory) si capovolgono, perdono il controllo e evidenziano o generano violenza.

Che questa violenza si incarni nel femminile, infine, è un punto fondamentale. Come spesso nella tradizione occidentale, donna e monstrum si identificano («la donna è velenosa, serpente universale»), proprio perché il femminile veicola la pericolosa, sempre repressa, risposta critica al potere. Non è un caso che l’ultimo quadro, quello di Aileen Wuornos, insieme vittima di abusi e pluriomicida non pentita («“sentenza di morte a una donna stuprata? Figlio di puttana!”»), sia l’unico con schema non isosillabico: la metrica si incrina dove l’ironia si assottiglia, e tra le maglie dello humour affiora anche un nervo di autocoscienza e di rivendicazione – «non avevo prodotto nessun male / finché non ho sparato per la violenza altrui».

Antonio Francesco Perozzi

 
 
 
 
La Marchesa di Brinvillers
 
o padre snaturato che non mi vuoi più bene
se mai me ne hai voluto facendomi tua figlia
mi hai tolto quest’amore che solo mi nutriva
imprigionando lui, passione di una vita:
non credo di recarti più torto del dovuto
a dirti che ti meriti ciò che tu hai fatto a me
giacché la crudeltà della separazione
che tollerai quel giorno in cui fu sequestrato
è ciò che ora ti spetta dall’universo mondo
è ciò che ora ti accade, morendo piano piano
col ventre rigonfiato da sangue e vene cave
con quest’emorragia che cresce nello sterno
che sale tra i ventricoli ricolmi di durezza
per quella cattiveria che tu mi hai dimostrato
togliendomi l’amore che solo assicurava
il senso ad una vita già colma d’agi e d’oro
che tosto mi negasti con le minacce a vuoto:
“ti tolgo tutto quanto!”… serviva un atto urgente
che stabilisse a monte la giusta spartizione
dei beni che volevi sottrarmi come adultera
siccome non cedevo ai tuoi rimbrotti inani
adesso sì! lo avverti lo sbocco del rigetto
del tuo rifiuto atavico, da patriarca infame
ti abbiamo combinato quest’ultimo scherzetto
con formule da strega ho fatto tutti i test
“funziona!”: quella gente moriva senza meno
in breve, ci occorreva commettere una strage
eliminare in blocco il parentame ignaro
adesso sai che c’è? ho tutto sistemato
i soldi sono miei, e terre e ville e oro
e tu boccheggi a terra nell’agonia agognata
ti vomiti l’inferno, escluso dal perdono.
 
 
 
 
 
 
Erzsébet Báthory
 
la vita non dipende dal senso delle cose
non è la volontà a darle direzione
ci sono forze occulte che prendono il potere
e il mio destino, certo, non può fare eccezione
così, studiando bene la pia stregoneria
sono arrivata alfine a questa conclusione:
l’esoterismo domina gli istinti primordiali
ci sono forze ignote che reggono il creato
e se ci liberiamo dalla morale ignara
di quali forze tengano le essenze materiali
possiamo scavalcare i confini dell’ignoto
e assumere un potere precluso a tanti umani
su vita, morte e casi del singolo individuo
sull’esito beffardo del corso naturale
così, ho studiato a lungo, lasciandomi un po’ andare
a quell’istinto atavico che mi bruciava dentro
le formule e gli arcani che dominano il mondo
per acquisire il dono dell’immortalità
adesso sono fiera della mia competenza
questa violenza innata la lascio fuoriuscire
in tutte le mie azioni con atto di dominio
a questo son preposta, per questo adesso vivo!
è il mio destino chiaro quello di torturare
per trarre il mio piacere e l’eterna giovinezza
se la soverchieria è mio diritto araldico
non c’è poi da stupirsi di quello che otterrò
ho ucciso molte donne, e cento e ancora cento
e centinaia ancora io ne sevizierò
perdendone il conteggio in questo scannatoio
che giù nelle segrete ho predisposto ad arte!
per ricordarmi tutto lo scrivo nel diario
che un giorno qualcheduno poi mi contesterà
tacciando d’impossibile che siano così tante
le vittime accertate del mio delirio immane
eppure, vi assicuro, io le ho tutte scannate
per berne caldo il sangue, per farci le abluzioni
perché l’età non prenda l’usato sopravvento
perché la morte evada da questo corpo intonso!
mi vesto come un maschio ma voglio la bellezza
eterna e naturata nell’immacolatezza
per questo, quelle macchie di sangue sulla cute
son l’unica certezza della mia mondazione:
purifico la pelle con la sostanza impura
che sola mi proviene dal corpo virginale
in fondo mi dispiace che una beltà siffatta
sia sottoposta a questa mia sete d’infinito
ma io trionferò laddove qualcun altro
chiamato dorian gray saprà d’aver fallito
mi chiamo erzsébet báthory e bevo il sangue altrui
nessun potere al mondo è superiore al mio
non credo che sia amaro sorbir da questo calice
non credo che sia immondo uccidere anche te
se dracula venisse, mi scioglierebbe i sandali
se dracula vedesse, si inchinerebbe a me