Amore non amore cento poesie – Franco Marcoaldi


Amore non amore cento poesie - Franco marcoaldi

Amore non amore cento poesie, Franco Marcoaldi (La nave di Teseo, 2019).

Il canzoniere Amore non Amore cento poesie, uscito a metà febbraio (La nave di Teseo, 2019), rinnovato e ampliato da Franco Marcoaldi, attinge educatamente ad una tradizione letteraria che l’autore stesso rende nota, con gratitudine, attraverso quelli che egli stesso ha definito essere «esercizi di ammirazione», in un’altra sua opera, Una certa idea di letteratura. Dieci scrittori per amici (Donzelli, 2018). La poesia di Marcoaldi è scritta sotto l’influenza di autori tra i quali spicca maggiormente Giorgio Caproni. Figurano nel libro anche componimenti brevissimi (solitamente trattasi di distici, dei quali il primo verso coincide con la ripresa di un autore del passato), ricchi di  citazioni tratte dal Convivio di Dante, dal Canzoniere di Petrarca, dal Simposio di Platone.

La poesia minimale e semplice di Franco Marcoaldi, composta, tuttavia, con un metro di stampo classico e orecchiabile, ben capace di predisporla all’accompagnamento musicale e canoro vero e proprio, si serve intelligentemente del distacco e dell’ironia – stesso uso ne fece, a suo tempo, anche la poetessa polacca (premio Nobel 1996) Wisława Szymborska  – rendendola un autentico atto di resistenza, ossia un empatico antidoto da usare contro la presunzione dell’Io. Un Io che cerca di essere portatore universale e non univoco di valori, un Io che vorrebbe poter essere intero per darsi all’altro da sé, ma che tuttavia si ritrova ad essere iniziato verso un viaggio interiore, a combattere una lotta. La lotta di Amore, un sentimento determinato e testardo, e quella con il suo opposto, che in certi casi si trasforma grottescamente in odio indirizzato alla persona precedentemente amata con tanta foga sotto l’influenza d’Amore (Che cosa è stato Amore?/ Soltanto una finzione/ per abbracciare il vuoto./ Nulla per me eri prima – / creatura della mente./ Puoi figurarti ora/ che è chiuso l’incidente).

Dunque, ci troviamo davanti ad una voce dilatata e strattonata dalla prepotenza e dallo scherno autoironico ed ironicamente distaccato che assume su di sé, coscientemente, assieme alla duplice natura del verbo amare (Anche l’angelo è diviso: / metà scende e metà sale. / Il custode custodisce,/ l’altro invece ti sospinge/ nella tromba delle scale.// Anche l’angelo è diviso: / metà scende e metà sale. / La fatica che ti affligge/ sta nel doppio movimento di chi ascende e poi ricade). Si tratta di un Io dilatato e scisso, proprio come lo è l’amore, quel sentimento bipolare al quale Marcoaldi vorrebbe trovare un sinonimo, sterilmente, e che scrive costantemente con la lettera maiuscola (Comincia la discesa, che dicono/ veloce: prima di tutto un aprirsi,/ un darsi –invece ora, rinchiudersi,/ serrarsi – in vista della foce). In un rapporto capriccioso e costantemente lunatico, Amore ed il suo opposto, cioè il non Amore, convivono in una maniera che sembra ridursi ad una tipologia di definizione che abbandona ogni sorta di volo pindarico: Amore e non Amore ora si tengono per mano delicatamente, ora fanno a braccio di ferro con prepotenza divina, in un rapporto naturale e realistico che, seppur delineato per mezzo di tratti alquanto allucinati e bizzarri, tende a nutrirsi – naturalmente – di un progressivo annullamento dell’uno nell’altro. Il rapporto che lega sottilmente l’Io sia all’Amore che al non Amore è una costante variabile, uno stato ben preciso: essere in perpetuo divenire, ma esserlo in una direzione indefinita (Se avessi te./ Se avessi./ Se.). L’Io è cioè indefinito, sia quando calza sentimenti positivi che quando calza quelli negativi (“Amore amore amore: ti voglio tutto mio!”// “Intero intendi dire? Non lo è/ neppure Dio! Come posso esserlo io?”). Il flusso del non Amore riesce ad amplificare emozioni che passano inosservate, indefinite anch’esse, se considerate dal punto di vista più sdolcinato ed amorevole. Gli slanci d’Amore (nonostante quest’ultimo venga considerato affine alla Bellezza) saltano meno all’occhio attento del lettore, rispetto a quelli del non Amore, della noia che comporta, dell’irritabilità e del distacco, suoi fattori complici:

 

Vorrei amarti come un gatto,
che solo se gli va
si struscia sul tuo corpo
con sensuale voluttà.
Vorrei amarti come un cane,
che risponde al tuo richiamo
in totale fedeltà. Non essendo
però cane né tantomeno gatto –
egoista ma indeciso,
obbediente ma distratto –
anziché donare Amore,
ma si dice che procuro
pena angustia malumore.

 

La nota ecologica di Caproni torna a farsi sentire, nelle poesie di Marcoaldi, in slanci di botanica riflessione e nella passione per gli animali. Amore e non Amore sono come cane e gatto, per loro il tempo sembra arrestarsi al momento, all’attimo che dev’essere coltivato con cura prima ancora che essere colto e consumato, vissuto.

In una raccolta precedente, Tutto qui (Einaudi, 2017), Marcoaldi ha affermato che “forse la vita è più elementare/ di quanto non si creda” perché tutto, qui, in questa dimensione, è ridotto ad un “cavare erbacce, debellare/ parassiti, smuovere la terra e innaffiare le piante in modo accorto”. Marcoaldi in questa precedente raccolta spronava il lettore a “perdere tempo” e scriveva: “perdo il tempo se resto/ qui, sdraiato sul mio letto”.

Il ruolo della poesia è circoscritto al presente che si fa carico di storia, oltre che di denuncia sociale e civile: “il potente se ne nutre, la sfrutta, la divora/ ma non entra mai in contatto con la massa”. La medesima denuncia è replicata in Amore non Amore (La nave di Teseo, 2019), in cui termini come “ora” e “sempre” coincidono, il tempo si annulla e diviene una sorta di presente storico, in cui non è contemplato alcun futuro, ma solo, incessantemente, un eterno presente, scandito dai baci e dalla lotta tra l’Amore e il non Amore, in un eterno ritorno dove “non resta che passare e ripassare – / dal solstizio all’equinozio”. E il poeta, carezzando il suo cane mentre aspetta che lieviti il pane, si chiede, nella sua ultima raccolta: Come farò a stare senza baci?// Ucciderò il futuro, implorerò/ il tempo assoluto del presente; / ora ti bacio bacio bacio. / Sempre ti bacio. Anche/ quando è evidente/ che non bacio niente.

Vernalda Di Tanna

 
 
 
 
IX
 
È un dio ben strano, Amore:
promette a un tempo eccitazione e pace,
sangue che infiamma e riposante luce,
la quiete familiare e sconosciuto ardore.
 
È un dio decisamente ambiguo, Amore.
Meglio prendergli bene le misure,
ché ti sospinge in lidi opposti —
a cui sottrae per primo ogni valore.
 
 
 
 
 
 
XL
 
Non invidio chi è ricco, potente
e miete successi. Invidio
(talvolta) soltanto l’eccesso
delʼAmore per Dio, lʼAssoluto,
il Signore della terra e del cielo —
un Amore totale a cui niente
fa velo. Lo invidio e lo temo
e lo sento lontano: perché
io vivo di Amore profano.
 
 
 
 
 
 
LIX
 
Forse durò troppo l’attesa
o ti pensai con troppa gioia.
Certo che quando ti rividi
totale, senza appello, fu la noia.
 
 
 
 
 
 
C
 
Ci pensò Amore a governare
il mondo e il Bene si sparse
dappertutto, tondo tondo.
Ma il non Amore, perfido
e caparbio, matura a in silenzio
la vendetta: la negazione
conserva sempre un grande fascino
e il Male lo diffuse in fretta.
 
Da allora rimane, inevasa,
una domanda. Il vagolare
triste a caccia di fantasmi
privati di attrattiva
se sono cosa viva —
come chiamarlo: Amore?
O Amore è la scommessa,
principio che sʼincarna,
scelta (soi-disant) definitiva?
 
Amore non Amore:
medesimo il motore
che ti sospinge a largo
e ti riporta a riva.