About Sounds About Us – Ilaria Boffa

Ilaria Boffa 1

Non sono pienamente sicuro che si tratti di un libro di poesia. In effetti l’ultimo lavoro di Ilaria Boffa, About Sounds, About Us – Di suoni e di noi (Samuele Editore, 2019, prefazione di Patrick Williamson) sembra configurarsi piuttosto come un “libretto”, un testo funzionale a qualcosa di più articolato, come può esserlo appunto un libretto d’opera. Come nel precedente libro, Boffa prosegue l’esplorazione dell’autotraduzione dall’inglese all’italiano e viceversa, come (pochi) altri autori e autrici stanno fecondamente facendo. Ma prima di parlare specificatamente dei testi, vorrei soffermarmi sull’aspetto sonoro e musicale di questo libro, elemento puntualizzato e chiamato in causa in più momenti nella prefazione e nelle istanze dell’Autrice.

Williamson, l’estensore della ricca prefazione, ci informa che queste sono per stessa ammissione dell’Autrice “poesie sonore”, e che ciò riflette il più ampio concetto di suono-poesia, che a sua volta affonda le radici nelle teorie di Joshua Steele (1700 ca. – 1796), riguardanti la ricreazione “[…] dell’audio-poema in forma visiva attraverso la riconfigurazione dei testi come rappresentazioni corporeo-acustiche e dalle notazioni di micro-componenti del parlato o ‘suono interiore’. Tale metodo compensava l’ovvia indisponibilità di strumenti di registrazione e successivamente fu applicata nella suonopoetica contemporanea. […] Quando leggiamo o ascoltiamo un testo poetico, la nostra mente processa l’informazione come sonora per poi attribuirne, per interpretazione, set di significati disponibili. […]”.

Ad una sommaria lettura del Prosodia rationalis, il trattato nel quale vengono esposte queste teorie, l’impressione è che il lavoro di Steele riguardi principalmente la ricerca di una notazione, simile a quella musicale1, per fissare appunto la prosodia del testo declamato. Sebbene Steele parli molte volte di “melodia” e “musica” del linguaggio, la principale preoccupazione dell’autore è proporre una notazione che riguardi l’intonazione, l’articolazione e la quantità vocalica della declamazione, con una trattazione lunga, rigorosa e puntigliosa come era nello spirito illuministico dell’epoca.

Ma in che modo tutto ciò si ricollega al lavoro di Ilaria Boffa? Alcune poesie recano un codice QR che rimanda al profilo web Soundcloud di Ilaria che, in collaborazione con alcuni musicisti (Moreau, Caiazza, Eoppolo, GBurek, Venturi, Pèninşolar), declama i testi in questione (in inglese), facendoli diventare parte integrante della struttura ambient della musica. Le parole vengono in alcuni casi atomizzate in sillabe, lettere, che diventano puro elemento ritmico una volta messe in loop all’interno della composizione.

Le proposte di Steele si compiono nella attenta cura dell’Autrice vero le allitterazioni e assonanze, specialmente del testo inglese2? Se l’obiettivo è quello di ricreare nel solo testo poetico elementi dei suoni della natura (tema molto caro e “generativo” per Boffa) e dell’ecosistema che la poetessa percorre durante le sue meditazioni e riflessioni con atteggiamento ecocentrico, allora direi di no. Temo che questo sia appannaggio dei fonici (come il protagonista del film di Wenders Lisbon story, che vaga per Lisbona con la sua attrezzatura da fonico e rumorista per creare e ricreare i suoni e i rumori ambientali per il cinema) e dei vari tentativi dei vecchi futuristi italiani e russi all’inizio del XX secolo.

Personalmente ritengo che il riferimento all’opera di Steele sia piuttosto forzato se non addirittura fuorviante, frutto di un equivoco: e tuttavia questo equivoco ha dato nel libro di Ilaria Boffa risultati fecondi, non dissimili alle prime sperimentazioni di musica elettronica degli anni 50 (come Ki. Sora. Tori. di T. Takemitsu) o a strade tracciate da autori più recenti come Noto, Fennesz, Eno, o il grande Aphex Twin.

Dove meglio si sviluppa questa poetica è appunto nei lavori celati dietro i codici QR, che dimostrano come i versi dell’Autrice siano simili ad un testo teatrale, un dialogo platonico: vorrebbero “scoppiare”, ma sono costretti sulla carta. Ecco perché affermo che quest’ultima opera di Ilaria Boffa ha più le caratteristiche di un libretto d’opera, che si compie nel rapporto alla pari con la musica, e non come pura opera letteraria.

About Sounds About Us - Ilaria Boffa 3
About Sounds About Us - Ilaria Boffa
About Sounds About Us - Ilaria Boffa 2
About Sounds About Us - Ilaria Boffa 1

Venendo al punto, il libro si muove su diverse direttrici, non vettoriali ma concentriche, o quantomeno circolari: ogni testo infatti sembra scaturire da sensazioni “ambientali”, tra loro connesse e allo stesso tempo sconnesse, in uno strano equilibrio. Equilibrio precario (o sbilanciato ormai, come vuol farci intendere Boffa), ad esempio, tra essere umano e Natura, quest’ultima parte irrinunciabile per l’umanità ma allo stesso tempo sentita come insolente, un’intrusa, qualcosa che si nega al ruolo di mera risorsa al quale l’uomo la vorrebbe

 
Il linguaggio dei suoni
 
Tutto racconta dell’erba. Il verde
e l’eleganza dell’appassire.
Ci siamo fermati sul prato
a registrare i suoni.
Le ginocchia fradice, le spighe fruscianti.
Vagabondi in una valle di impulsi.
 
Ogni senso potenziato, le fibre rafforzate
cantavano i grilli e danzavano i soffioni.
Questa terra amplifica, visibile
e invisibile. Stavamo in piedi.
Ne riconosci il battito?
Senti quant’è insolente.
 
 

La riflessione e l’emergenza ecologica investe per ovvie ragioni anche l’analisi della transitorietà del reale, dell’asetticità dei rapporti e al bisogno di contaminarli.

 
Urgenza di prossimità
 
La penombra non attenua
l’urgenza di prossimità
e l’alba consegna il tramonto
incurante del mio ribellarmi.
 
Ora gli stipiti si scrostano
all’entrata
sotto i morsi dei cani
e dell’abbandono.
 
Ogni crepa va fissata
le aperture parlano di transitorietà.
 
Infiniti modi per andarsene.
 
 

Le poesie di Ilaria Boffa, in fondo, sembrano parlare di una enorme rimozione collettiva, che l’Autrice racconta con accenti tra il postumano e il nostalgico, ibridando l’essere umano (contronatura, seconda la definizione che Ungaretti condivise a Pasolini) con la natura stessa e con un altro elemento che sta all’umano come quest’ultimo sta alla natura, cioè la tecnologia, figlia dell’Uomo, ma che sfugge (e minaccia?) il suo creatore.

 
La cartografia degli oggetti
 
La cartografia degli oggetti
è un grido che distrugge. Sensuale.
 
Non siamo soli.
Gli storni sono tornati. Disordinati
i cantieri, gli elmetti,
la gru gialla, i pannelli solari.
 
Quel video in cui
si dissotterra il declino.
Uomini ruotano antenne di rame
per catalizzare il ricordo.
 
È così arduo addomesticare il desiderio.
 
Prendi le mie mattine, i salti dei cani
tutte le foglie sui miei stivali bagnati.
Prendi la debolezza e trascinala
sulla destra
 
Poi premi Invia.
 
 
 
 
Senza titolo
 

Questa storia è storia di silenzi, di pause e assenze; la storia di noi. Non abbiamo schema o layout. Siamo una serie di processi chimici, non algoritmici. Senza cornice. lui mi ha dispiegata, io ho fatto affondare le sue radici in noi. Abbiamo stratificato una nuova morfologia. All’inizio, il linguaggio era codice, binario. Interpretazione e notazione come fossimo di spalle. Eravamo fermi, nell’erba lunga, alle prese con la mancanza. Nelle profondità e nelle altezze, movimento e fissità, l’alterità della separazione. Il nostro discorso, le nostre proposizioni, l’esistere di per sé, in divenire. la natura prima di una dualità ancorata nel tempo. E poi la mancata univocità di ogni cosa, il non ancora, la modalità del nostro stare assieme. Come sfumare ai bordi, abbiamo sconfitto il soloqui. Nei gesti, nelle posture, il vuoto della distanza. Trasudava pena. lui possedeva il suo gregge, ha imparato a essere buono con il bestiame. Qual è stata la mia parte? la mia presenza impertinente. Ero nella narrazione e la sua logica di dettaglio, progressione e sottrazione. Ero discorsiva. Entrambi abbiamo aggiunto il figurato. Non siete in errore se pensate a questa storia come ad un continuum attraverso il silenzio. la sua porosità ha legittimato il passaggio di sillabe, semibrevi e minime. Ci siamo soffermati presso un idioma illeggibile. Ci siamo passati davanti.

 
 

Di fronte a questo Tutto così bulimicamente interconnesso esiste un linguaggio che lo possa descrivere, che possa aiutare a capirlo?

 
I suoni del linguaggio
 
I sistemi di corpi sperimentano
sei gradi di libertà
nel movimento.
Si spostano per traslazione
e rotazione, shiftano nello spazio
e ruotano attorno a un centro.
Puoi sentirli ondeggiare
avanti e indietro.
 
Il linguaggio non è pertinente.
 
 

Una poesia dopo l’altra, Ilaria Boffa ci invita a cercare una risposta spogliandoci, asciugandoci e facendoci essenziali, elementali, liberandoci di quello che non serve3 per portarci a compiere un’azione equivocata come passiva (!), ma che in realtà è la porta da aprire: ascoltare.

Federico Rossignoli

 
 
 
 
About Sounds About Us - Ilaria Boffa 4
Us
 
We are listening
to the bark of birches
their sap release.
Where the ice is melting
waters untie proto-organisms.
 
Hear, movements of peoples
weary and naked, on the ankles
the exile of the travellers.
And then mobiles, remote controls,
tinfoil, fluorocarbons.
 
We interfere, we produce signals
the causality of spaces.
 
Are we listening?
 
 
 
 
Noi
 
Ascoltiamo
la corteccia delle betulle
il rilascio della linfa.
Dove il ghiaccio si scioglie
le acque liberano proto-organismi.
 
Senti, movimenti di popoli
sfiniti e nudi, alle caviglie
l’esilio dei viaggiatori.
E poi cellulari, telecomandi,
alluminio, fluorocarburi.
 
Interferiamo, produciamo segnali
la causalità degli spazi.
 
Stiamo ascoltando?
 
 
 
 

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Note
 
 

1         Dagli esempi riportati nel trattato, a dire il vero, i tentativi proposti sembrano somigliare alla notazione dei passi di danza (che è sempre stata un grosso probelma attraverso i secoli) o a quella di certa musica contemporanea, come quella di Bussotti, Maderna, Stockhausen o altri (ambito ugualmente multidisciplinare e come minimo esplorativo).

2         Williamson parla di schemi di allitterazioni e assonanze che “[…] sono parte del significato del componimento poetico, il suono è significato, e non si presentano per caso, piuttosto sono il risultato di abilità e cura. […]”. Forse il suono ha significato nella parola, ma non così tanto come in musica (o in funzione della musica). Non darei a tale elemento, almeno in questo caso, tutta questa importanza…

3         Non certo come le ridicole, mediatiche e strumentali proteste ambientalistiche simili a quelle “guidate” dalla Thunberg, che hanno percorso le piazze negli ultimi anni