1. Emotività e Sintesi in Poesia

1. Emotività e Sintesi in Poesia

Giovanni Boldini, Treccia bionda, 1891

 
 

Parte, per tutto agosto, una nuova rubrica. Alcuni giorni fa sul Gruppo Facebook di Laboratori Poesia (qui) abbiamo avvertito che avremmo preso dei testi, fra quelli usciti dopo l’avviso, come esempi per parlare un po’ di versi, di poesia. E che tali scritti avrebbero sostituito la bella rubrica del sabato di Pierangela Rossi (qui) per un mese di meritata pausa.

Un piccolo corso che parta dalla pratica insomma, dai versi delle persone.

Senza nessun bisogno o desiderio di critica o stroncatura, prenderemo semplicemente le poesie che ci sembreranno utili a fornire qualche concetto attorno al tema, o almeno a quello che a noi sembra essere il tema.

Per questa prima lezione partirò da un testo di Roberto Cianciolo apparso nel gruppo il 30 luglio, e che ringrazio e ringraziamo moltissimo per la disponibilità:

 
Quando mi parli
 
Qualsiasi tua voce
è un delirio d’oro
qualsiasi tuo respiro
sferra sulla mia anima
il soffio più profondo
quando mi parli.
Turbandomi grave.
Questo soave sballamento
è vibrazione del ritmo
che il mio cuore trattiene
se ti rivolgi a me,
ed emozione e pensiero
si esprimono
titubanti
come queste parole
che scrivo,
dove derivo
tutto il mio incanto
dove passione e vita
si uniscono.
Un’unica energia
con la quale nutro
questo cuore
inorgoglito
avuto in prestito
dalle dolcezze
e dai tuoi
sorrisi
felicemente
disabilito.
 

Il testo si presenta come una lunga espressione di un’emotività privata dell’autore che descrive se stessa: Questo soave sballamento / è vibrazione del ritmo / che il mio cuore trattiene / se ti rivolgi a me […] Un’unica energia / con la quale nutro / questo cuore / inorgoglito / avuto in prestito.

Tale emotività è chiaramente un elemento particolarmente intenso per chi scrive, ma la domanda che un poeta deve farsi è: le mie emozioni, oltre ad emozionare me stesso, servono agli altri?

Perché tutto quello che diciamo deve avere una sua utilità. Sia esso un atto estetico o un qualcosa che abbiamo capito e che troviamo utile condividere col mondo. Scrivere è un condividere col mondo, un far sapere qualcosa. Questo ovviamente non significa che dobbiamo sempre dire qualcosa di fondamentale, di importantissimo, ma si rende comunque necessario avere un’ottica di universalizzazione di ciò che scriviamo al fine di non renderlo solamente un’espressione privata, una lettera.

Un altro elemento da tenere in considerazione è la sintesi. Un poeta deve saper dire moltissimo con pochissimo. E questo riesce grazie al lavorio sulla parola, sulla scelta dei significati e dei suoni.

Isoliamo ad esempio i primi versi del testo di Cianciolo:

 
Qualsiasi tua voce
è un delirio d’oro
qualsiasi tuo respiro
sferra sulla mia anima
il soffio più profondo
quando mi parli.
 

Nel secondo verso notiamo la ripetizione della d (allitterazione) che bene esprime, più del significato delle parole stesse, quanto prova l’autore. Ma il verso appare un po’ corto, a parere di chi scrive, per cui suggerirei un’allungamento con un utilizzo di vocali più aperte di quella o di oro. Per dare un senso più grande, appunto più aperto.

 
Qualsiasi tua voce
è un delirio dorato
qualsiasi tuo respiro
sferra sulla mia anima
il soffio più profondo
quando mi parli.
 

Al quarto verso adesso vorrei mettere in dubbio il termine anima. È sempre pericoloso utilizzare concetti astratti come questo. Anima è un qualcosa che non ha la stessa valenza per tutti, ed è uno di quei termini che può voler dire tutto e niente.

Proviamo allora a pensare a qualcosa di più concreto:

 
Qualsiasi tua voce
è un delirio dorato
qualsiasi tuo respiro
sferra sulla mia pelle
il soffio più profondo
quando mi parli.
 
 
 
 
Qualsiasi tua voce
è un delirio dorato
qualsiasi tuo respiro
sferra sul mio corpo
il soffio più profondo
quando mi parli.
 
 
 
 
Qualsiasi tua voce
è un delirio dorato
qualsiasi tuo respiro
sferra sul mio costato
il soffio più profondo
quando mi parli.
 

La terza opzione (costato) rischia d’avere un riferimento quasi religioso, pur facendo rima (e non in maniera disdicevole direi) con dorato. La seconda opzione (corpo) si avvicina e riporta il suono di soffio e profondo, e pare quasi elegante e significativo. La prima opzione (pelle) porta invece una variazione di suoni che non trovo del tutto malvagia.

Ma soffermiamoci sul termine corpo, e riprendiamo il verso successivo.

 
Qualsiasi tua voce
è un delirio dorato
qualsiasi tuo respiro
sferra sul mio corpo
il soffio più profondo
quando mi parli.
Turbandomi grave.
 

Quel grave ora rischia d’essere un po’ pesantino. Se lo togliamo otteniamo:

 
Qualsiasi tua voce
è un delirio dorato
qualsiasi tuo respiro
sferra sul mio corpo
il soffio più profondo
quando mi parli.
Turbandomi.
 

Sottolineo che anche in questo caso i suoni dicono molto, a prescindere dal significato.

 
sferra sul mio corpo
il soffio più profondo
quando mi parli.
Turbandomi.
 

Come si vede si passa dal suono orpo / offio / ondo al suono arli / andomi. Si passa dalla chiusura della o (che giocoforza rappresenta il sé in quanto è sul mio corpo) all’apertura della a che è lei (mi parli). E lo stesso turbamento diventa un riflesso di lei proprio a causa della ripetizione di suoni nelle parole.

Il testo già così starebbe in piedi, efficacemente. Ma vediamo ora i versi successivi:

 
Questo soave sballamento
è vibrazione del ritmo
che il mio cuore trattiene
se ti rivolgi a me,
ed emozione e pensiero
si esprimono
titubanti
come queste parole
che scrivo,
dove derivo
tutto il mio incanto
dove passione e vita
si uniscono.
 

In questo caso l’ammassarsi di immagini non aiuta certo la lettura. Di tutta questa parte terrei solo alcuni versi (ad esempio):

 
è vibrazione del ritmo
che il mio cuore trattiene
se ti rivolgi a me,
come queste parole
che scrivo,
dove derivo
dove passione e vita
si uniscono.
 

Tolto ovviamente il primo verso perdiamo il soggetto, che a questo punto dobbiamo riprendere:

 
Sei vibrazione del ritmo
che il mio cuore trattiene
se ti rivolgi a me,
come queste parole
che scrivo,
dove derivo
dove passione e vita
si uniscono.
 

Ora proviamo a pulire un attimo il testo:

 
Sei vibrazione del ritmo
che il cuore trattiene
quando ti rivolgi a me.
Come queste parole
che scrivo, derivo,
dove passione e vita
si uniscono.
 

Pochi accorgimenti per rendere il testo più compatto, più magmatico.

Passiamo ora all’ultima parte:

 
Un’unica energia
con la quale nutro
questo cuore
inorgoglito
avuto in prestito
dalle dolcezze
e dai tuoi
sorrisi
felicemente
disabilito.
 

La chiusa rischia d’essere un po’ oscura, o perlomeno con un termine poco chiaro.

 
Un’unica energia
con la quale nutro
questo cuore
inorgoglito
avuto in prestito
dalle dolcezze
e dai tuoi
sorrisi.
 

Il cuore in prestito invece è una bella immagine, che va centrata maggiormente rinunciando al concetto (astratto come anima) di energia:

 
Un unico desiderio
che nutre il cuore
inorgoglito
avuto in prestito
dalle dolcezze
e dai tuoi sorrisi.
 

Oppure:

 
Un’unica voglia
che nutre il cuore
inorgoglito
avuto in prestito
dalle dolcezze
e dai tuoi sorrisi.
 

In questo caso voglia ha forse un significato più diretto, più coinvolto e coinvolgente, ma desiderio riporta il suono (allitterazione) del penultimo verso nella d:
 
Un’unica voglia
che nutre il desiderio
inorgoglito
avuto in prestito
dalle dolcezze
e dai tuoi sorrisi.
 

Oltre ad allitterare anche col verso precedentemente modificato:

 
è un delirio dorato
 

Qui si parla ovviamente di scelte dell’autore.

Adesso proviamo a rileggere in sequenza i tre microtesti che sono venuti fuori:

 
Qualsiasi tua voce
è un delirio dorato
qualsiasi tuo respiro
sferra sul mio corpo
il soffio più profondo
quando mi parli.
Turbandomi.
 
*
 
Sei vibrazione del ritmo
che il cuore trattiene
quando ti rivolgi a me.
Come queste parole
che scrivo, derivo,
dove passione e vita
si uniscono.
 
*
 
Un unico desiderio
che nutre il cuore
inorgoglito
avuto in prestito
dalle dolcezze
e dai tuoi sorrisi.
 

All’autore, anche in questo caso, la scelta se unirli in testo unico (con tre strofe) o lasciarli così frammentati.

 

Alessandro Canzian