Polvere di stelle / Polvere di foglie – Pierangela Rossi

Polvere di stelle – Polvere di foglie, Pierangela Rossi (puntoacapo editrice 2018, postfazione di Pier Damiano Ori).

 

La casa, gli affetti, la città sono il territorio di Polvere di stelle Polvere di foglie. Questo ultimo libro di Pierangela Rossi è in continuo movimento fra l’attenzione alla metropoli in cui vive e i desideri le attenzioni le dipendenze le consolazioni che si costruiscono all’interno di una famiglia. Una liturgia della città, Milano, in questo caso, e insieme la liturgia perenne di esser genitori e figli, coniugi e amici. Una poesia di esplorazione condotta da un’autrice che di fronte al suo mondo di indagine e riflessione, consapevolmente si disarma in atto di coraggio che diventa atto necessario di intelligenza, quella intelligenza delle “ultime cose” che lo scrittore, questa scrittrice, fortemente vuole conquistare. I versi sono un richiamo insistente, quasi una evocazione di ciò che non vediamo, di ciò che al primo sguardo sfugge, perché abita nel “tra” che insieme collega e distanzia cose e persone

Con queste parole Pier Damiano Ori chiude il libro Polvere di stelle – Polvere di foglie di Pierangela Rossi che si presenta come un’opera sostanziosa che gira attoro a un baricentro sentimentale quale, appunto, la famiglia, la città. Ma più che un concetto di casa emerge da questa pagine un concetto di parola, non uno sperimentalismo ma un uso non lineare del linguaggio che aspira a un diverso rapporto con le cose in virtù, appunto, della non linearità.

Come i sentimenti. Perché l’uso logico della vita è a tutti gli effetti una deviazione occidentale consumata da secoli di filosofia. Una filosofia che ha corrotto anche la religione, quella deflagrazione non logica e non lineare che è stato Cristo quando diceva: Ama il prossimo tuo come te stesso accanto alla frase io vengo a dividere il fratello dal fratello.

A noi resta la difficoltà di ingabbiare una natura umana, dei sentimenti, all’interno di grate culturalmente inumane, troppo rigide, all’interno di computer e cyborg (Ora vogliono diventare cyborg / Per dire: ho visto cose / Che voi umani / Nemmeno potete immaginare) che non conoscono i sentimenti che restano la cosa più importante (Chiara è malata / Tutto il panorama / Alba volo d’uccelli / Clochard traffico / Mattutino / Non è più importante) anche se immersi per definizione nella realtà, nella natura (Usignoli, lasciare un segno d’amore / Con la propria calligrafia / Nella scenografia del mondo). Una realtà lontana e allontanata dall’uomo stesso.

Ed ecco perché un poeta allora può scegliere di affrontare il mondo così come vanno affrontati i sentimenti. Senza logica, senza linearità. Cambiando le regole del linguaggio non per gioco ma per un nuovo tentativo di svelamento e di scoperta che non rifiuta un certo grado di epifania, di stupore.

Un togliere la patina, insomma, alle cose, partendo dalla parola.

Alessandro Canzian

 
 
 
 
Parole chiare parole oscure
Ha il poeta. Quando fraseggia
Fa le cerimonie della maniera.
Se parli o no le parole della tribù
Non dipende solo da lui. C’e’ chi dice
Ha accesso ad altri
Stati strati di coscienza
Io penso siano intimi.
Che scriva autoreferenziale
O no è sempre un parlare
Crocifisso alle parolecose
 
 
Bisogna aver visto molti tramonti
Perché uno diventi poesia
(eco rilkiana)
 
 
 
 
 
 
Incerta molcetudine dormiente
Sotto il punto di rugiada
Seme d’incostanza
Abbarbicato al vero
 
 
Oggi a Efeso vicinolontani
Aruspici decrittano
Breve volo da breve volo
 
 
 
 
 
 
Come vento oggetto purpureo
E quasi ventriloquo
Mi espando e non si sa
Da dove venga né dove vada
Se non per un incontro
0 almeno per vedere.
La realtà in tempo reale
È pesante. Troppa realtà dicono R. ed E.
Fa male
 
Falsa nota nel concerto
D’usignoli e cardellini
D’ordinanza, una cornacchia
 
 
 
 
 
 
Dio mi ha tenuto sempre una mano
Sulla testa. Improvvidi precipizi
Vita spericolata, argini al mare
 
 
Ombre baluginanti, telefoni megafono
Geolocalizzati anche gli sguardi i colori
Qualcuno brontola incendi
Di tanto spreco di bellezza
 
 
 
 
 
 
Un anno è compiuto
Di nuovo rosseggia il melograno
Inargentati fili alle dieresi
Abitati dal rotondo mondo
Immaginario un cielo
In cui ci siamo dentro tutti
Tra due stelline la Terra
Si gira di un quarto a spicchio
 
A Paolo
Ricordando un poeta:
Se ti parlo Di Crisostomo
Di un’azalea sopravvissuta
I boccioli infogliati
È sempre un altro dire ti amo
 
 
 
 
 
 
Dovunque barbagli di luce
Attesi all’epifenomeno usuale
Non fossero diversi e uguali
 
I riverberi meridiani
Sulla tua facciata
Caratteri cuneiformi
Un miraggio a oltranza
 
 
 
 
 
 
Stuporosa erma bifronte
In pericardio situata
Per gli effluvi dei fiori.
Molteplici gelsomini
Fioriti lo stesso giorno
Rallegrano chi passa accanto

Assorta nei pensieri
Nemmeno vedo
Il mondo mi circonda
 
 
 
 
 
 
Come può Crisostomo sapere
In questa notte che pure è chiara
Della futura primavera albale?
Forse semplicemente canta
Al risveglio e risveglia tutti
Gli uccellini dei cortili nidi intorno
Poi il quotidiano gran concerto
Del mattino. Sarà pioggia
Allietata. Sarà bruttobello
 
Inesatta memoria alla grazia
D’essere vivi e variabili
Le galassie si allontanano
Mentre tu ti avvicini
Le particelle elementari
Deviano il loro corso se
Osservate e febbraio
E novembre sono mesi
Di potatura. Insomma
La vita fa il suo giro
Il suo gioco:
 
Ogni giorno una sorpresa
 
 
 
 
 
 
Nello spartitraffico un tappeto
Damascato di foglie arancioni
Bordeaux secche. Anche l’autunno
Languente morente indossa
La sua divisa. Il clochard
Cattolico e non sociale
Si accoccola per la notte gelida
Alle luci del negozio di cosmesi
Scintillante di Natale avventizio.
Chissà che pensano i clochard
 
Chiara è malata
Tutto il panorama
Alba volo d’uccelli
Clochard traffico
Mattutino
Non è più importante
 
 
 
 
 
 
Un gran concerto quassù
Da un termine all’altro
Dei giardini. Un gorgheggiare
Pare non avere mai fine.
Crisostomo ha la voce
Più instancabile più acuta
Ma gli altri non sono da meno
Un musicista probabilmente
Avrebbe da imparare
Cos’è esattamente
Un assolo
Dentro un’orchestra perfetta
 
 
 
 
 
 
Inesatta memoria alla grazia
D’essere vivi e variabii
Le galassie si allontanano
Mentre tu ti avvicini
Le particelle elementari
Deviano il loro corso se
Osservate e febbraio
E novembre sono mesi
Di potatura. Insomma
La vita fa il suo gioco