Paul Klee

Paul Klee

 
 

Ernst Paul Klee (1879-1940) è stato un grandissimo pittore svizzero di padre tedesco. I genitori erano musicisti. Nel periodo della formazione si interessò, come noto, di pittura, poesia, musica. E anche dopo coltivò la poesia come arte con un suo codice formale, non c’è niente di pittorico in questi scritti. Tra l’altro una delle maggiori conquiste artistiche fu definita “arte degenerata” dai nazisti, e Klee perse la cattedra dove insegnava negli anni ’30. Nell’edizione Guanda delle poesie di Klee (1978) c’è un saggio introduttivo di Giorgio Manacorda di 40 pagine, fatto da par suo, che mette a confronto arte e poesia, senza dimenticare la musica, che Klee studiò fin da bambino.

Ha scritto Roman Jakobson: “Una sorprendente unione di trasparenza radiosa e di magistrale semplicità con multiformi indicazioni permette a Klee pittore e poeta, di dispiegare un’armonica combinazione di molteplici procedimenti sia sulle superficie di una tela sia nelle brevi note di un diario”. Da non perdere, se vi capita una riedizione, anche solo per il saggio di Manacorda.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Fine giugno
 
La notte passa veloce
e il giorno guarda grande
 
una cosa solamente
è vicina
nell’io un peso
una piccola pietra
 
un occhio che guarda – strano vedere –
con l’altro soffrire
 
Tu silenzioso e solo,
voi mostri
il mio cuore è vostro
il mio cuore è tuo
 
solo un passo che muore il dolore.
 
 
 
 
 
 
Caddi nelle braccia del più profondo sogno
e ti baciai sotto il salice,
caldo era il bacio,
e come mi batteva nelle tempie.
Sopra di noi
rapido il passaggio delle nubi.
Oh potenza della notte
oh fondo splendore di calda felicità!
 
1899
 
 
 
 
 
 
Le mie labbra lievemente ironiche.
Il tuo tempo è finito.
Eravamo compagni ed ora
è cenere la nostra amicizia.
 
Ho trovato un pezzo di cielo
non mi serve nessuno
di questo mondo.
Ridono
– e mi          dicono innamorato –
ma restano vecchi, laggiù.
 
E noi saliamo lassù
verso i primi cerchi
dell’immortalità.
 
1901
 
 
 
 
 
 
Non chiedetemi cosa sono.
Non sono nulla
non so nulla.
Conosco solo la mia felicità.
Ma non chiedetemi
se me la merito.
Lasciatevi solo dire
che è ricca e fonda.
 
Volevo arrivare prima del tramonto,
da lei.
Mi ero mosso bene,
Ma avevo fatto male i miei calcoli.
L’indicibile nostalgia dell’arrivo
pesava sulle lunghe ore.
Superato il passo selvaggio
Desiderio di una dolce valle.
 
1901