Paolo Bertolani

Paolo Bertolani

 
 
Dell’altra bambina
 
La pioggia che da un cielo
ora vicino e prima a pecorelle,
le mani che ripongono i vasi
di fiori e assicurano le imposte,
lo scroscio che segue
e fa il paese raccolto,
quello che nella casa è quiete
o movimento
– cose da cui sei lontana,
che non sai nominare.
A stento volgi verso gli angoli chiari
il collo tuo di passero non ancora abituato
alla luce, e allora pare rifletta un pensiero
la tua persona appena verde.
Quello che ti contrae la bocca in un sorriso
non è il sogno del fiore della lepre
– come tua madre mi ripete e spera –
ma forse solo un tenue movimento di luce
una raggiunta pace viscerale
dopo quelle tue prime settimane qui,
lasciato il buio involucro
dove hai preso una forma.
Ora sui tetti, sopra il verde degli orti scampato
all’autunno, si dilata lo scroscio. Io ti immagino
avanti negli anni, penso ai passi obbligati
della vita, a che impiego
di cuore là ti attende
– docile, se mi somigli,
andrai incontro ai franchi tiratori –
dovrai passare anche tu dentro la selva
oscura, anche tu subire, provare vergogna,
imparare la triste pazienza di vivere.
Ma anche se dovrai maledire, dire
c’era una volta
e poi vedere un rincorrersi folle di topi
e l’aria della stanza chiudersi
come una porta,
sappi che sei la goccia che mancava
il peso di piuma che mantiene l’amaro equilibrio
– e preziosa così,
come chiunque alta, irripetibile.