Lignicoli, umicoli, coprofili – Sergio Gallo

Bozza automatica 2421

 
 
Trentesima reincarnazione di Jacopo da Lentini
 
Il sonetto certo mi sta stretto
come infeltrito maglione, un vecchio
pantalone spuntato da una gruccia
nello sperduto angolo dell’armadio.
 
Una camicia dal consunto colletto
gomiti lisi, maniche accorciate
da malversi passaggi in lavatrice.
Un’opportuna forza di torsione
 
occorre applicare, il canto in versi
poter ampliare in forme spiraliformi
ribonucleiche diramazioni, proteiche
motrici in grado di trasportare
 
luccicanti metalliche parole;
scioglierlo a bagnomaria in idoneo
solvente, poi ricristallizzarlo
in nuove strutture adatte ai tempi.
 
Ricalibrarne musica e misura
lasciandolo libero d’allungarsi
o ritrarsi a piacere; assimilare
altri linguaggi, differenti culture.
 
La cura avere – e la decenza e il pudore –
di dosare la rima con parsimonia
come spezia preziosa, meglio se
anomala, inconsueta, nascosta.
 
E se proprio si vuol tentare
cosa nova meglio arder nel foco
del fallimento, della bocciatura
che inciampare in stereotipi
 
in manchevole o ridondante
idioletto: lo dice il Notaro
nato da Lentino, cui per primo
s’attribuì l’uso del sonetto.
 
 
 
 
 
 
L’investigante
a Bernardo Negro

 
Lignicoli, umicoli, coprofili
licheni e funghi s’attaccano alle scorie
dilettandosi come alchimisti
nella scienza della separazione:
 
in vello d’oro sembrano mutare
ogni putrido velame, l’opus nigrum
in pietra filosofale. Sono loro
l’origine, la prima materia viva
 
depositata tra acqua e pietra.
Seguace di Marsilio, Pico, Erasmo
l’investigante s’interroga,
in attesa d’essere da essi
 
sopraffatto. Altro non rammenta
che una frase di Paracelso:
il silenzio, la più sicura difesa!
 
È il pane della morte
il più amaro boccone
o il pane della vita?
 
 
 
 
 
 
Leptocefali
 
Come pesce labirintico
raccolgo ovociti in fuga
e brevi guizzanti versi
riponendoli con cura
in nidi a bolle flottanti.
 
Sorvegliante
della parola subacquea
mi nutro di organismi acquatici,
di carcame.
 
Più trasparente di larve d’anguilla,
non vedrai di me altro che
due pupille nere,
rubro cuore pulsante
in gabbia toracica fogliforme.
 
 
 
 
 
 
Il compito del poeta
 
Resta esitante di fronte
al riflesso dello schermo
nel dilemma del barbiere.
Fare poesia, del resto:
credere in un paradosso!
 
Arduo compito assemblare
parole che non cedano;
andare a spasso per moderni
frutteti in cerca di sorbole
nespole, giuggiole, corniole.
 
Stuzzicare ancora un autentico
appetito; non sedersi a tavola
a cibarsi sempre degli stessi
masticati e rimasticati frutti.
 
Se la società si spappola
il rispetto dei ruoli evapora
la parola si disintegra –
 
psilla dalle ali cerose,
falena che si sfarina – come
serbare il seme immarcescibile?
 
 
 
 

Sergio Gallo in questi inediti dimostra una buona maestria nell’uso dello strumento parola e dei suoi ferri del mestiere. Non passano inosservati infatti alcuni giochi come Lignicoli, umicoli, coprofili che coniugano figure retoriche di suono a parole ricercate, non auliche ma altre rispetto alla poesia.

D’altronde è lo stesso Gallo a indicarci il suo approccio: La cura avere – e la decenza e il pudore – / di dosare la rima con parsimonia / come spezia preziosa, meglio se / anomala, inconsueta, nascosta, dichiarando senza mezzi termini l’attenzione alla forma del testo. E ancora: Stuzzicare ancora un autentico / appetito; non sedersi a tavola / a cibarsi sempre degli stessi / masticati e rimasticati frutti, sottolineando quindi quanto sia (per lui) importante cercare parole e suoni inconsueti, non masticati e rimasticati.

Cosa non facile, ma che in Gallo riesce talvolta con pregevoli risultati che confluiscono in chiuse ben calibrate, dalla velocità moderata e misurata, senza eccessi: È il pane della morte / il più amaro boccone / o il pane della vita? Anche se talvolta con un uso della parola che obbliga il lettore (e non è detto sia una cosa negativa) a una seconda lettura: due pupille nere, / rubro cuore pulsante / in gabbia toracica fogliforme.

Per Gallo, come si legge, fare poesia è un paradosso e la soluzione è andare a spasso per moderni / frutteti in cerca di sorbole / nespole, giuggiole, corniole. Per cosa? Anche in questo caso è lo stesso autore che risponde: Se la società si spappola / il rispetto dei ruoli evapora / la parola si disintegra […] – come / serbare il seme immarcescibile?

Alessandro Canzian