Khalil Gibran


 

“Il Profeta” esce nel 1923 e la sua “genialità psicologica” oltre che mistica e filosofica, si trasforma subito in un mare di traduzioni. Libanese del 1883, emigrato negli Stati Uniti, cristiano maronita, Khalil Gibran, segue il Vangelo ma non omette spunti da altre religioni (Islam, buddismo, induismo). Chi parla nel libro è Almustafà, che, in partenza, parla ai concittadini di Orfalese. Parla di Amore, Gioia, Dolore, Conoscenza, Bene, Male, Bellezza, Morte. E degli aspetti concreti della vita. Gibran ha scritto numerosi libri, ma “Il Profeta” è il più riuscito nel fondere Occidente e Oriente. È stato molto amato da Carlo Bo. Per il Natale è una classica strenna. Noi ve lo proponiamo nella cura di Paolo Ruffilli per la Biblioteca dei Leoni.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Il matrimonio
 
Allora Almitra parlò di nuovo e chiese:
“Cos’è, maestro, il matrimonio?”
 
E lui rispose:
“Insieme siete nati e insieme, per sempre, rimarrete.
Starete insieme quando le bianche ali della morte dissolveranno i vostri giorni.
Sempre starete insieme nella memoria silenziosa del Signore.
Ma che vi siano spazi nella vostra unione.
E che i venti del cielo danzino sempre in mezzo a voi.
 
Amatevi l’un l’altro, ma non fate una prigione dell’amore.
Ci sia piuttosto tra le rive delle vostre anime un mare mosso.
Riempitevi a vicenda i bicchieri, ma non bevete mai da uno solo.
Ognuno dia all’altro un po’ del proprio pane, senza però mangiare mai dalla stessa pagnotta.
Cantate e ballate insieme e state allegri, ma lasciate che ognuno di voi possa star solo.
Come sole sono le corde del liuto, anche se vibrano della stessa musica insieme.
Datevi i cuori, ma l’uno non sia rifugio all’altro.
Perché soltanto la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E state insieme, sì, ma mai troppo vicini.
Perché le colonne del tempio sono distanziate.
E la quercia e il cipresso non crescono mai l’una all’ombra dell’altro”.
 
 
 
 
I figli
 
Una donna che stringeva il suo bambino al seno gli disse:
“Parlaci dei figli”
 
E lui subito rispose:
“I vostri figli non sono vostri.
Sono figli e figlie del desiderio che la vita ha di se stessa.
È attraverso voi che vengono, ma non da voi.
E, benché vivano con voi, ciò non di meno non vi appartengono
 
Potete dar loro il vostro amore, ma non le anime.
Perché le loro anime abitano la casa del futuro, che neppure in sogno voi potete visitare.
Potrete cercare di somigliare a loro, ma non potrete farli simili a voi.
Perché la vita procede e non si attarda mai sopra il passato.
Voi siete gli archi da cui come frecce vive i figli sono scoccati avanti.
L’Arciere vede il bersaglio sull’orizzonte dell’infinito e con la forza vi tende perché le frecce vadano rapide e lontane.
E che il vostro tendervi nella mano dell’ Arciere avvenga nella gioia.
Perché, come ama la freccia che vola via, così ama l’arco che resta saldo”.