Juan Ramòn Jiménez

Juan Ramón Jiménez (Spagna)

 
 

Nel Diario di un poeta sposato del 1916 (Newton Compton, 1971) l’ancor giovane Jimenez (1881-1958, Nobel nel ’56) dà spazio a tutta la sua esuberanza per la donna amata e per il mare. Come si vede dalla data di composizione in calce alle poesie che vi proponiamo, era un poeta prolifico. La sua poesia è all’origine del Siglo de oro (Lorca, Salinas, Guillen e poi Unamuno, Machado, Ortega). Il Diario è simbolista e tiepidamente modernista, e molto musicale, caratteristica della poesia di Jiménez. Arriverà poi al mito della perfezione formale. È la lirica di un solitario alla caccia di emozioni. Il Diario ha la prefazione di Rafael Alberti. Rafael Alberti lo ricorda nel 1924 quando il poeta andaluso coltivava i suoi caprifogli e i gelsomini rampicanti: “Una gentile e sorridente figura di donna apparve all’improvviso, salutandomi, veloce, con grazia, baciando Juan dolcemente, e poi sparendo. Era la prima volta che vedevo Zenobia, la sposa del poeta da quasi otto anni, la protagonista di questo strano ‘Diario’ d’amore, la vigile, esemplare e per sempre unica compagna della sua vita”.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Mentre lavoro, con l’anello d’oro puro
Tu mi stringi nel sangue del mio dito,
che poi si fa, con te,
piacere per tutta la mia carne.
 
Che felicità! Come le mie forti vene
vanno, dolci, ubriacandosi di te,
come di un celeste miele
nella luce degli eterni calici!
 
Il mio cuore intero passa,
fiume impetuoso e nobile,
sotto il soave anello che, per contenerlo,
s’apre in infiniti circoli d’amore.
 
Madrid, 18 gennaio 1916
 
 
 
 
 
 
I roseti
 
È il mare, sulla terra,
I colori del sud, in pieno inverno,
hanno le gaie varietà
del mare e delle coste…
Oh il mattino sul mare! – cioè sulla terra
Che va verso il mare!  –
 
In treno, 21 gennaio 1916
 
 
 
 
 
 
Gioia nel primo mattino
 
Tutta la mia anima, amore, è per te coscienza,
e tutto cuore, per te, il mio corpo.
È come un cielo azzurro a primavera
Sulle fronde di un albero fiorito.
 
Sole nuovo della gloria, quel che penso
Dorata e azzurra, lontano e a lei vicino,
il bianco e puro fior di quel che sento
lontano e vicino alla luce là del cielo.
 
Amore, e tu non stai né là, né fuori;
il mio fiore ti osserva come osserva il cielo;
e tu sei il fiore stesso, e sei l’essenza
del mio petto, come dell’albero il cielo.
 
Da Siviglia verso Madrid, in treno, 21 gennaio 1916.
 
 
 
 
 
 
Madrigale
                           A te
 
Il sole, più forte e puro
Ogni volta, come
L’amore mio.
            Quanto cercai
Di veder qui, negli anni giovanili,
dovevo poi incontrarlo
in te…, adesso, amore, paesaggio, mio giardino,
tanto mio come questa campagna
nella quale videro questa luce gli occhi miei,
nella quale poi, adesso, te hanno ammirato,
andalusa del cielo!
 
Verso Moguer, 21 gennaio 1916
 
 
 
 
 
 
Grazia
                           A te
 
Questa grazia senza nome o soprannome
È quella che risiede in te.
                L’insieme
Di celeste e oro di quel tuo sorriso,
i tuoi occhi, i tuoi capelli,
sono la bellezza bionda
di questo insieme di limpido cielo
e allegro sole che lo trafigge tutto
con la sua sola grazia.
 
Grazia, divino insieme
Senza inizio e senza fine; grazia,
luce del colore; grazia,
gioia della luce; grazia,
colore della gioia!
 
Da San Juan a Moguer, in carrozza, 21 gennaio 1916