Juan Carlos Villavicencio (Cile) ita/espa


 
 
Inferno
 
Non ci saranno né uomini né dei in quell’oscuro spazio.
Forse solo l’ombra dell’idea che aveva potuto essere
(la più ovvia caduta di quel condannato dal suo sangue;
l’impronta di se stesso nel circolo di fuoco le sue ceneri)
 
un dio, se i demoni dicono la verità; uno specchio
 
all’incendiarsi davanti all’eco del destino tracciato
dalla sua stessa mano in un palinsesto ferito
senza un principio più avanti.
Tutti i mondi a ripetere
        la linea nelle stelle al confabulare
                       l’ira constatata,
la sua vigliaccheria, tradimento, sogno o idiozia:
 
così è stata e sarà ed è la sua stirpe,
 
quella che difende l’orrore e serba nel petto
l’architettura di una condanna priva di luce
e dei battiti di tutto il cosmo nelle sue mani
come selva oscura in cui si perde la speranza
 
 
 
 
 
 
Infierno
 
No habrá hombres ni dioses en aquel oscuro espacio.
Acaso sólo la sombra de la idea que pudo ser
(la más obvia caída de aquel condenado por su sangre;
la huella de sí mismo en el círculo de fuego i sus cenizas)
 
un dios, si los demonios dicen la verdad; un espejo
 
al incendiarse ante el eco del destino dibujado
por su propia mano en un palimpsesto herido
sin principio más allá.
Todos los mundos repitiendo
         el trazo en las estrellas al confabular
                       la ira constatada,
su cobardía, traición, sueño o idiotez:
 
tal fue i será i es su estirpe,
 
aquella que defiende el horror i guarda en el pecho
la arquitectura de una condena ausente de luz
i de latidos de todo cosmos en sus manos
como selva oscura en la que se pierde la esperanza.
 
 
Traduzione di Antonio Nazzaro