Incontri di vocali

Senza entrare nei dettagli delle leggi fonetiche, che richiederebbero una trattazione ben più ampia (per quanto attiene la formazione di dittonghi, iati, vocali dolci, aspre, ecc.) si inizierà ad affrontare l’argomento a partire dagli incontri di vocali e dal corretto computo delle sillabe metriche. A tal fine, si consiglia sempre di verificare il rapporto tra sillabe atone e toniche, e di soffermarsi sulle singole emissioni di voce in caso di dubbi.

Le regole che determinano il computo delle sillabe metriche, quando si incontrano più vocali, anche tra parole diverse, sono di importanza fondamentale per un corretta divisione del verso.

 

Le più importanti di esse sono la:

 

Sinalefe: quando l’incontro di più vocali, tra la fine di una parola e quella successiva, fa sì che esse si computino come singola sillaba metrica: tale fenomeno si verifica quasi sempre quando la prima vocale è tonica e la seconda è atona, o quando sono entrambe atone, mentre è “scorretto” parlare di sinalefe quando la seconda vocale è tonica (ma questo non lo impedisce: rende solo la cosa “forzata”).

 
Vedi il mio cane?
Ve/di_il/mio/cà/ne?

(sinalefe tra “vedi” e “il”)

 
E così è tuo!
E/co/sì/è/tù/o!

(non v’è sinalefe tra “così” e “è”)

 
E così è tuo!
E/co/sì_è/tù/o!

(ma si può forzare, leggendo poi “ié” come fosse un dittongo: una licenza, per così dire, fonetica.)

 

Dialefe: è appunto il caso in cui due vocali prossime tra due parole si computano come distinte e separate sillabe metriche, contro la naturale lettura della sinalefe.

In questo caso accade quanto visto nel secondo esempio, ma si può allo stesso modo “forzare” nel computo anche nei casi in cui dovrebbe operare la sinalefe, ovvero tra vocali atone o nei casi di tonica + atona.

 
Vedi il mio cane?
Ve/di/il/mio/cà/ne?

(dialefe, al posto della sinalefe, tra “Vedi” e “il”.)

 

Questa “licenza” serve, ad esempio, se vogliamo rendere questo verso un senario, mentre con una sinalefe sarebbe inteso “naturalmente” come un quinario.

Il lettore “consapevole” comprende che v’è l’uso di dialefe se in quella posizione (in base alla strofa, o ai versi precedenti o successivi) ci dovrebbe essere appunto un senario, e non un quinario, o dallo schema accentuativo (ad esempio, se uso la dialefe in un endecasillabo, il lettore lo capirà perché gli accenti di 4° o di 6° o di 10° non possono essere riscontrati senza la lettura con la dialefe).

 

Dieresi / Sineresi: la dieresi consiste nel separare un dittongo che naturalmente andrebbe letto come sillaba unica (ad esempio tutti quelli con prima vocale tonica + atona, o atona + atona), mentre la sineresi consiste, al contrario, nell’unire due vocali, all’interno di una parola, che naturalmente andrebbero lette separatamente (atona + tonica o tonica + tonica).

 

Il mïo poeta.

Il/mi/o/po/è/ta.

(dieresi in “mio”)

 
Il mio poeta.
Il/mio/poé/ta.

(sineresi in “poeta”)

 

Si tratta comunque di licenze, che rischiano, soprattutto con l’abuso, di rendere innaturale la lettura di alcune parole (nell’esempio, la sineresi costringe a leggere “poé” con una singola emissione vocale).

Se ne suggerisce dunque l’uso solo per ragioni metriche e sempre a misura di eccezione, rispettando la naturalezza delle singole emissioni di voce.

La dieresi si segna, graficamente, con i due punti sulla prima vocale delle due che si incontrano.

Il segno grafico non è obbligatorio, e oggi non è più diffuso come qualche secolo fa.

 

Episinalefe / Anasinalefe: si tratta di casi limite, di utilizzo perlopiù moderno.

L’anasinalefe avviene quando la prima sillaba metrica di un verso non entra nel computo del verso, perché entra in sinalefe con l’ultima sillaba del verso precedente.

Specularmente, l’episinalefe avviene quando un verso sdrucciolo non viene considerato tale perché la sua ultima sillaba (atona) entra nel computo sillabico del verso successivo.

 
Trattengo petali || senza meta.
[Trat/ten/go/pé/ta || li/sen/za/mé/ta]

(episinalefe: si noti la rima péTA:méTA)

 
Questa mia casa || ancora tremava.
[Quest/ta/mia/cà/sa_an || co/ra/tre/mà/va]

(anasinalefe)

 

L’utilizzo di queste due figure è particolarmente sconsigliato tra gli emistichi dei versi doppi, proprio per l’ideale cesura che li separa, se non in misura assolutamente eccezionale.

 

Mario Famularo