I versi anfibrachici (esercizio)

Bozza automatica 46
Continuiamo ad analizzare gli andamenti basati sui piedi della prosodia classica; in questa fase affronteremo i versi anfibrachici.

L’anfibraco è un piede della metrica classica, adattato alla prosodia italiana dall’unione di una sillaba tonica tra due sillabe atone (U – U).

Pertanto, i versi canonici che possono presentare un andamento anfibrachico, saranno:

 

  • il ternario (2°), che corrisponde a un singolo anfibraco;

  • il senario cd. anfibrachico (2°, 5°), che corrisponde a due anfibrachi;

  • il novenario (2°, 5°, 8°), che corrisponde a tre anfibrachi;

  • il doppio senario cd. anfibrachico (2°, 5° || 2°, 5°), che corrisponde a quattro anfibrachi;

  • il doppio novenario (2°, 5°, 8° || 2°, 5°, 8°), che corrisponde a sei anfibrachi.

 

Per mantenere l’andamento, sarà necessario che non vi siano accenti secondari forti, e che le sillabe atone lo siano effettivamente, o che presentino, al più, accenti molto deboli.

Per le regole dei versi doppi, vedi l’intervento su ottonario e doppio ottonario.

Su tali regole, dato il tenore dell’esercizio, si potrà anche essere meno rigorosi (in particolare sulla regola della cesura tra gli emistichi).

 

Traccia:

 

TEMA = libero.

SCHEMA = strofe a piacere per il numero di versi; minimo una, massimo dieci. Versi in rima, o sciolti.

METRO = usare esclusivamente versi anfibrachici canonici, anche in combinazione tra loro, con qualsiasi tipo di schema o combinazione vi sia più congeniale. È naturalmente consentito usare anche un solo tipo di verso – ma non è questo lo spirito dell’esercizio.

 

 

Esempio:

 
Il vento più mite suggella
la nascita, lenta,
de’ fiori novelli;
profumi lontani s’intrecciano, lievi
stringendo i miei sensi a quest’ozio morboso,
le forze assopendo,
spargendo i pensieri
d’intorno tra i pollini bianchi;
l’arbusti gli stanchi animali, raccolti,
invitano a uscir dal letargico oblio.
 
In questa assuefatta indolenza,
ricerco le tracce
del vivido gelo passato:
la morte agghiacciante ora è l’acqua che, chiara,
que’ campi umidisce nutriente,
frescando le gote al risveglio
del mondo. La tenera madre,
che ieri atterriva glaciale,
di nuovo sorprende le carni, un conforto
stillando oblivioso nel cuore.

 

Mario Famularo