Gli obbedienti – Francesca Del Moro


Gli obbedienti – Francesca Del Moro
Cicorivolta Edizioni 2016, postfazione di Anna Maria Curci

 
 

Una colonna sonora attenta a cogliere e a trascrivere la condizione contemporanea, condizione che all’aggettivo ‘umana’ non può non applicare, gogna permanente, un prefisso: dis-umana, sub-umana, trans-umana, con buona dose di probabilità non oltre-umana. Una partitura che riporta, con precisione, tonalità, tempi e velocità di esecuzione, acuti, dissonanze, basso ostinato e pause; una partitura che non esita, inoltre, a manifestarsi in fogge inusuali. Poesia visiva, sonorità e architettura, contenuto scomodo e forma rigorosa che duettano, si completano. Con questi enunciati proviamo ad avvicinarci a Gli obbedienti di Francesca Del Moro, opera che unisce compattezza e complessità. Si rischia l’osso del collo, nell’era del precario e dell’abnorme, a trattare una materia sfuggente, scivolosa, la sabbia mobile della grande illusione della libertà di espressione e la smisurata menzogna della flessibilità, e a tenere, al contempo, il punto della ‘norma’ metrica, a procedere sulle righe di un pentagramma, divenute oramai funi sottilissime, pressoché invisibili, sulle quali avanzare – ghigno del secolo della rete – senza rete. Francesca Del Moro è ben consapevole di questo rischio, che affronta ricorrendo a una grande varietà di forme e conservando, tuttavia, unitarietà al progetto che ha delineato e che persegue, consapevole dei mezzi espressivi, di tascapane, fardelli, zavorre, di riserve di fiato e, dunque, della temerarietà dell’operatrasvolata, del libretto-salto in cui si è lanciata.

 

Anna Maria Curci

 
 
 
 

Guardi il display con la tavola
ridente e la sfoglia Buitoni
i cartelloni con le bocche
spalancate per la gioia
delle cose.

Bisogna vendere cose
vendere sempre vendere
le cose.

Tu marci con gli altri
nel grigio mattino,
farai la tua parte.

 
 
 
 
 
 

“Siam tutti messi così”
taglia corto la collega
mentre cedi un momento
e cerchi una condivisione.
Rituffa gli occhi nello schermo
e tu rimani a domandarti
se la comune condizione
non sia che un dato di fatto
una misera consolazione
o magari un ricatto.