Álvaro Mutis (Colombia ) – ita/espa

Bozza automatica 2188
 
 
Grieta matinal
 
Cala tu miseria,
sondéala, conoce sus más escondidas cavernas.
Aceita los engranajes de tu miseria,
ponla en tu camino, ábrete paso con ella
y en cada puerta golpea
con los blancos cartílagos de tu miseria.
Compárala con la de otras gentes
y mide bien el asombro de sus diferencias,
la singular agudeza de sus bordes.
Ampárate en los suaves ángulos de tu miseria.
Ten presente a cada hora
que su materia es tu materia,
el único puerto del que conoces cada rada,
cada boya, cada señal desde la cálida tierra
a donde llegas a reinar como Crusoe
entre la muchedumbre de sombras
que te rozan y con las que tropiezas
sin entender su propósito ni su costumbre.
Cultiva tu miseria,
hazla perdurable,
aliméntate de su savia,
envuélvete en el manto tejido con sus más secretos hilos.
Aprende a reconocerla entre todas,
no permitas que sea familiar a los otros
ni que la prolonguen abusivamente los tuyos.
Que te sea como agua bautismal
brotada de las grandes cloacas municipales,
como los arroyos que nacen en los mataderos.
Que se confunda con tus entrañas, tu miseria;
que contenga desde ahora los capítulos de tu muerte,
los elementos de tu más certero abandono.
Nunca dejes de lado tu miseria,
así descanses a su vera
como junto al blanco cuerpo
del que se ha retirado el deseo.
Ten siempre lista tu miseria
y no permitas que se evada por distracción o engaño.
Aprende a reconocerla hasta en sus más breves signos:
el encogerse de las finas hojas del carbonero,
el abrirse de las flores con la primera frescura de la tarde,
la soledad de una jaula de circo
varada en el lodo del camino,
el hollín en los arrabales,
el vaso de latón que mide la sopa en los cuarteles,
la ropa desordenada de los ciegos,
las campanillas que agotan su llamado
en el solar sembrado de eucaliptos,
el yodo de las navegaciones.
No mezcles tu miseria en los asuntos de cada día.
Aprende a guardarla para las horas de tu solaz
y teje con ella la verdadera,
la sola materia perdurable
de tu episodio sobre la tierra.
 
 
 
 
 
 
Crepa mattutina
 
Scandaglia la tua mancanza
sondala, esplora le sue caverne più nascoste.
Ungi gli ingranaggi della tua mancanza,
mettila sul tuo cammino, apriti la strada al suo fianco
e bussa ad ogni porta
con le bianche cartilagini della tua mancanza.
Mettila a confronto con quella di altri
e misura bene lo stupore delle sue differenze,
l’unicità dell’acutezza dei suoi bordi.
Mettiti a riparo negli angoli lievi della tua mancanza.
Tieni a mente in ogni momento
che la sua consistenza è la tua consistenza,
l’unico porto di cui conosci ogni insenatura,
ogni boa, ogni segnale dalla terra tiepida
dove arrivi a diventare sovrano come Crusoe
tra la moltitudine di ombre
che ti sfiorano e che urti
senza comprendere né la sua intenzione né la sua abitudine.
Coltiva la tua mancanza,
rendila persistente,
nutriti della sua linfa,
avvolgiti nel manto tessuto con i suoi fili più segreti.
Impara a riconoscerla fra tutte,
non permettere che sia familiare ad altri
né che la prolunghino abusivamente i tuoi.
Che tu la riconosca come acqua battesimale
sgorgata dalle grandi fogne pubbliche
come i rivoli che nascono nei mattatoi.
Che si confonda con le tue viscere, la tua mancanza;
contenga fin d’ora i capitoli della tua morte,
gli elementi del tuo più reale abbandono.
Non lasciare ma in disparte la tua mancanza,
anche se riposassi ai suoi argini
come al lato del corpo bianco
da cui si è ritirato il desiderio.
Tieni sempre pronta la tua mancanza
e non permettere che evada per distrazione o per inganno.
Impara a riconoscerla nei suoi segni più impercettibili:
l’accartocciarsi delle sottili foglie del carboniero,
il dischiudersi dei fiori nel primo fresco della sera,
la solitudine di una gabbia da circo
bloccata nel fango della strada,
la fuliggine negli anfratti,
la tazza di ottone che pesa la zuppa nelle caserme,
i vestiti sparpagliati dei ciechi,
i campanelli che disperdono il richiamo
nel retro seminato di eucalipti,
lo iodio delle navigazioni.
Non confondere la tua mancanza con le incombenze di ogni giorno.
Impara a conservarla per le tue ore di libertà
e intreccia assieme a lei la vera,
l’unica consistenza imperitura
del tuo passaggio sulla terra.
 
 
Traduzione di Federica Imperato