All’acqua densa del Ganga – Elisabetta Salvador

 

Dopo i testi di Giorgio Asquini (Il secondo tempo dell’ascolto), Maria Milena Priviero (Signorina Poesia) e Laura De Beni (E tu, come funzioni?), presento alcuni versi di un’altra partecipante al Corso di Lettura e Scrittura poetica della Samuele Editore. Anche lei, come gli altri, leggerà a POETI ALLA BASCHIERA (qui) sabato 18 giugno alle ore 18 presso il parco di Villa Baschiera Tallon a Pordenone.

La poesia di Elisabetta è segnata da un vissuto particolarmente segnante che modula un dettato molto istintivo ed emozionale. Nello svolgersi del corso Elisabetta ha imparato a controllare e rinunciare a determinati slanci per un’efficacia che, in alcuni versi, diviene veramente intensa. Una poesia in qualche modo sorridente ma che nasconde le radici dietro una bellezza tenue, gentile, spesso travolta da una (pur meravigliosa) voglia di vivere.

 
 
 
 
 
 
Aspetto di vederti stasera.
Dove ci troviamo? Hai chiesto,
nient’altro. Ho timore di quello che diremo,
che tu mi anneghi nell’acqua torbida
di ciò che non pronunci, che io non riesca
a trascinarti via fin sulla sponda.
Vorrei sdraiarmi sulla riva e
asciugarmi al sole del mattino, domani,
e baciarti, sentendo ancora
il sapore dell’acqua sulle labbra,
e pensare: per fortuna siamo salvi.
  
 
 
 
 
 
Aprile
  
Arriva aprile.
Odore di pioggia dalle aiuole.
Quest’apparato in ripresa
di boccioli che flagrano
e cortili aperti di luce, ustiona.
È pura noncuranza la loro.
(Fuori si sveglia) Mi rintano nel buio.
 
 
 
 
 
 
Evasione
 
La sigaretta accesa, il fumo,
l’onda del respiro, la nuvoletta breve
che svanisce nell’aria, un formicolio
leggero, le gambe nello stomaco.
Il giardino in inverno, nero
di freddo. Dov’è la mia evasione?
Perdersi dentro a un piccolo cilindro
di carta che brucia, restare
nel sapore amaro del tabacco
in bocca, e una manciata di domande.
 
 
 
 
 
 
Foto
  
Un viso obliquo, la linea degli occhi
sbieca, le labbra un po’ umide.
L’ombra delle palpebre punta
un cono di luce dove le ragioni
si perdono. Questa immobilità
ti dona come il raggio
che invade i tuoi tratti.
L’immagine ferma m’interroga.
È uno sguardo che buca le distanze.
 
 
 
 
 
 
Ci sono luci invadenti…
 
Ci sono luci invadenti
e una lucertola che non da
tregua sulla schiena.
  
Tu, vestita di abiti impropri,
aspetti che passino le ore, poi i giorni,
che il gatto rimetta su il pelo,
che il figlio si faccia più grande.
  
Invecchi, resti in ascolto del mondo.
 
 
 
 
 
 
La città sul fiume (a Varanasi)
 
Questa città è un vapore di spirito
e d’acqua.
Il ghat scende sul fiume
dove i corpi annegano
in preghiere.
Inni dolci alla terra,
al rosso e giallo incrostati sui muri,
all’acqua densa del Ganga
che si espande
e sconfina.
Sarà il mantra tuffato nel silenzio,
o un brillio di candele
sul respiro del fiume a segnarti.
Questa città
pare di morte e poi di vita,
e poi di fuoco che brucia.