Adam Mickiewicz

Adam Mickiewicz

 
 

L’amico Puskin dei sonetti di Mickiewiz scrisse: “Nel metro rigoroso dei sonetti il Vate della Lituania racchiudeva fulmineamente i suoi sogni, dedicandoli alle montagne della Tauride.” Del poeta leggenda dell’Ottocento romantico, voce dell’oppressa Polonia, libero e perseguitato, evocatore degli abissi tempestosi, proponiamo gli inizi dei “Sonetti di Crimea”, una terra dove convivevano tartari, persiani, armeni, khazari, russi, ebrei. I bellissimi “Sonetti di Crimea” vengono qui proposti negli inizi, sonetti sul mare. Nel libro Adelphi edito nel 1977, “I sonetti di Crimea e altre poesie”, si sono aggiunti versi della giovinezza e della maturità, tra le quali “Visione”, lirica mistica pre-simbolista e pre-Hofmannsthal.

Nel libro Edmond Marek spiega le vicende che sfociarono nei “Sonetti di Crimea”, il capolavoro di Mickiewicz insieme a “Visione”. Un saggio di Elena Croce, traduttrice insieme con Elisabetta Cywiak. Scrive Elena Croce che i sonetti di Crimea attingono auna natura, a una vitalità, il cui elemento selvaggio viene messo in risalto dal carattere stesso dell’arte, coltissima, che sfiora continuamente il virtuosismo, senza mai restarvi impigliato.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Le steppe di Ackerman
 
Presi il largo nella vastità di un oceano senz’acqua,
il carro si tuffa nel verde e voga come una barca;
fra le onde dei prati fruscianti, nell’alluvione dei fiori
evito le isole coralline del cardo.
 
Già cade il crepuscolo, non c’è strada né tumulo,
guardo il cielo, cerco le stelle, guida della barca;
laggiù lontano una nuvola lucente? Lì sorge l’aurora?
Quello che luccica è il Dnestr, il faro di Akerman che splende.
 
Fermiamoci! – che silenzio! – sento il passaggio delle gru,
che nemmeno la pupilla del falco può raggiungere,
sento là una farfalla cullarsi sul filo d’erba,
 
là sento una serpe che sfiora col petto viscido il prato.
Tale è il silenzio! – Tendo così attentamente l’orecchio,
che potrei udire una voce dalla Lituania. Andiamo, nessuno chiama.
 
 
 
 
 
 
Calma marina

Sulle alture di Tarkankut

La corda della bandiera sfiora ormai lieve il vento,
nei seni tranquilli gioca l’acqua rischiarata;
come fidanzata novella che sogna la felicità,
si sveglia per sospirare, e subito si riaddormenta.
 
Al modo di bandiere, quando è terminata la guerra, le vele
sonnecchiano sugli alberi nudi; la nave con moto leggero
si culla come fosse attaccata alla catena;
il marinaio ha preso fiato, scherza la brigata dei viaggiatori.
 
O mare! in mezzo ai tuoi festosi tritoni
C’è il polipo, che dorme sul fondo, quando il cielo s’annuvola,
e col sereno smuove le sue lunghe braccia.
 
O pensiero! nel tuo fondo c’è l’idra del ricordo,
che dorme in mezzo ai rii destini e le tempeste di passione;
e quando nel cuore è la calma, affonda in lui gli artigli.
 
 
 
 
 
 
Navigazione
 
Grandi scrosci, sempre più fitti pullulano i fantasmi del mare,
il marinaio è corso su per la scala, state pronti, figlioli!
E’ corso su, si è steso, si è sospeso in una rete invisibile,
come un ragno che spia le scosse della tela.
 
Vento! – vento! La nave imbizzisce, e strappa le briglie,
cade sul fianco, affonda nella spumosa bufera,
taglia di fronte le nuvole, acciuffa il vento sotto le vele.
 
E il mio animo l’albero innalza a volo in mezzo al vortice,
l’immaginazione si gonfia come la treccia di queste vele,
involontariamente u n grido si unisce al coro festoso;
 
apro le braccia, cado sul petto della nave,
mi sembra di incalzare il suo slancio col mio petto:
mi sento leggero! forte! felice! so cosa sia essere un uccello.
 
 
 
 
 
 
Tempesta
 
Vele lacerate, si schiantò il timone, ruggito d’acque e fragore di tempesta,
voci di folla allarmata, gemito infausto di pompe,
le ultime corde si svelsero dalle mani dei marinai,
il sole sanguigno tramonta, con lui le speranze rimaste.
 
Ululava trionfante il tifone, e sui monti fradici,
le cui balze sporgono dall’abisso marino,
incedeva il genio della morte dirigendosi verso la nave,
come un soldato che attacca una fortezza in rovina.
 
Alcuni giacciono come morti, altri giunse le mani,
questo cade nelle braccia degli amici salutandoli,
quelli pregano la morte perché si dilegui.
 
Un solo passeggero sedeva silenzioso in disparte
e pensava: fortunato chi ha perduto le forze,
o sa pregare, o ha qualcuno cui dire addio.