Les Murray

Les Murray

 
 
Driving Through Sawmill Towns
 
1
 
In the high cool country,
having come from the clouds,
down a tilting road
into a distant valley,
you drive without haste. Your windscreen parts the forest,
swaying and glancing, and jammed midday brilliance
crouches in clearings…
then you come across them,
the sawmill towns, bare hamlets built of boards
with perhaps a store,
perhaps a bridge beyond
and a little sidelong creek alive with pebbles.
 
 
 
 
2
 
The mills are roofed with iron, have no walls:
you look straight in as you pass, see lithe men working,
 
the swerve of a winch,
dim dazzling blades advancing
through a trolley-borne trunk
till it sags apart
in a manifold sprawl of weatherboards and battens.
 
The men watch you pass:
when you stop your car and ask them for directions,
tall youths look away –
it is the older men who
come out in blue singlets and talk softly to you.
 
Beside each mill, smoke trickles out of mounds
of ash and sawdust.
 
 
 
 
3
 
You glide on through town,
your mudguards damp with cloud.
The houses there wear verandahs out of shyness.
all day in calendared kitchens, women listen
for cars on the road,
lost children in the bush,
a cry from the mill, a footstep –
nothing happens.
 
The half-heard radio sings
its song of sidewalks.
 
Sometimes a woman, sweeping her front step,
or a plain young wife at a tankstand fetching water
in a metal bucket will turn round and gaze
at the mountains in wonderment,
looking for a city.
 
 
 
 
4.
 
Evenings are very quiet. All around
the forest is there.
As night comes down, the houses watch each other:
a light going out in a window here has meaning.
 
You speed away through the upland,
glare through towns
and are gone in the forest, glowing on far hills.
 
On summer nights
ground-crickets sing and pause.
In the dark of winter, tin roofs sough with rain,
downpipes chafe in the wind, agog with water.
Men sit after tea
by the stove while their wives talk, rolling a dead match
between their fingers,
thinking of the future.
 
 
 
 
 
 
In auto per paesi di segherie
 
1
 
In fresche terre alte,
disceso dalle nuvole,
giù per una strada che affonda
dentro una valle lontana,
guidi senza fretta. Il parabrezza solca la foresta,
che ondeggia luccicante, e uno spesso fulgore
meridiano s’acquatta nelle radure…
ecco venirti incontro,
i paesi delle segherie, nudi villaggi fatti di assi,
uno spaccio, forse,
forse un ponte più avanti
e un torrentello di fianco, vivo di ghiaie.
 
 
 
 
2
 
Le segherie hanno tetti di ferro e niente muri:
ci guardi dentro mentre passi, vedi svelti uomini al lavoro,
 
lo scarto di un argano,
brune lame abbaglianti che si fan strada
in un tronco levato su un carrello
finché diviso s’apre
in un proliferare di tavole e assicelle.
 
Gli uomini ti osservano passare:
quando ti fermi a chiedere la strada,
giovani alti guardano dall’altra parte –
sono gli anziani che
vengon fuori in canottiera azzurra e ti parlano piano.
 
Accanto a ogni segheria trapela fumo da montagnole
di segatura e cenere.
 
 
 
 
3
 
Traversi il paese come planando,
i parafanghi umidi di nuvole.
Pudiche le case vestono verande,
in cucine ricche di calendari le donne
tutto il giorno stanno in orecchi
per auto di passaggio,
figlioli spersi nel bush,
un urlo dalla segheria, un rumore di passi –
ma niente.
 
La radio trasentita canta
la sua canzone di città.
 
A volte una donna che spazza gli scalini,
o una giovane sposa bruttina che ai piedi della cisterna
con un secchio si gira e fissa trasognata i monti,
cercando una città.
 
 
 
 
4
 
Le sere sono assai quiete. Tutto intorno
è foresta.
Come fa notte, le case si sorvegliano l’un l’altra:
qui un lume che sparisce a una finestra significa qualcosa.
 
Veloce t’allontani sul pianoro,
abbagli traversando i paesi
e scompari nella foresta, rischiarando colli lontani.
 
Le sere d’estate
cantano i grilli e posano.
Nel buio dell’inverno, i tetti di latta gemono di pioggia,
i tubi di scarico cigolano nel vento, avidi d’acqua.
Dopo cena, gli uomini siedono alla stufa,
mentre le mogli chiacchierano,
e girano un fiammifero spento tra le dita,
pensando al futuro.
 
 
Tradotto da Gaetano Prampolini